24 novembre 2008

Chavez vince!


Chavez vince!

Il popolo crede a Chavez e lui nella democrazia

Sono passate solo alcune settimane da quando Barbara, un'amica degli anni universitari in cui oltretutto entrambe militavamo per attac Berna (lei è ancora attivissima, io invece sono più politicizzata ...e probabilmente me ne pento), poche settimane da quando Barbara ha trascorso il fine settimana in Ticino. Si è trattato di un fine settimana molto particolare, speciale, che porterò nel cuore per tanti anni, come uno dei suoi racconti del suo viaggio in Venezuela. Barbara ha trascorso un viaggio ricco di energia positiva e stando tra la gente ha ritrovato lo spirito di speranza per la vita futura che ormai da noi si fatica a ritrovare. Mi ha raccontato com'è stato appassionante girare per le vie di Caracas e sentire la gente che parla di cambiamento, di servizi pubblici, di diritti della cittadinanza e di speranza in un mondo migliore. Per Barbara è stato come vivere un sogno e quando mi parlava di queste sue emozioni, le si leggeva negli occhi la speranza che Barbara aveva avuto modo di assaporare tra quella splendida gente che è il popolo venezuelano.

"Sai Nadia, essere tra loro era come essere in un sogno, loro parlano come noi e vivono quello in cui noi crediamo! Indescrivibile, anche se te lo racconto non è come vivere quelle emozioni. Si sente il profumo della rivoluzione in corso, la gente parla di politica e di cambiamento e vive serena e speranzosa, nonostante la grande semplicità nella quale vivono, credendo nella democrazia, nello stato di diritto e nel futuro."


L'esito alle urne rispecchia le parole di Barbara e sono positiviamente sorpresa del successo di Chavez, che ha scelto il sistema democratico svizzero come forma di Stato per il suo Paese. Quello che vorrei è poter portare un po' di quella magia qui da noi. Perchè nonostate io sia ancora giovane, posso già guardarmi indietro e pensare a come in passato vi fosse una maggiore attenzione per il bene comune e il valore di questo bene.
Oggi, ogni bene che rende è destinato ad essere privatizzato e la sua rendita poi va sempre più spesso a beneficio di pochi - delle multinazionali che pian piano si mangiano gli artigiani e i piccoli imprenditori, e con loro le ricchezze e l'indipendenza della nostra splendida e vasta periferia di montagna. E si finisce col pensare allo Stato ogni qualvolta vi è la necessità di correggere i danni causati dal mercato globale destinandolo alla gestione pubblica e quindi a carico della cittadinanza. Mah.

Tornando a Chavez, non posso che esprimere la mia più grande gratitudine a quest'uomo coraggioso, dai principi socialisti saldi, che grazie al Venezuela - anche se da lontano - è capace di farci vivere un sogno - la speranza in un modo migliore.

Grazie Chavez!


23 novembre 2008



Un pensiero a Lina Wertmüller

Nota per il suo impegno politico e sociale nell'esprimersi artisticamene nel cinema e nel teatro quale attrice e regista, ha percorso temi importanti con un certo anticipo sui tempi e spesso è stata considerata allora una persona "contro-corrente". Lina Wertmülller in quello che fa lascia l'impronta e il suo film si riconosce. Per saperne di più ecco il sito dedicato a lei: http://www.linawertmuller.com

Commentando una scena di un film, Paola Perego le chiede cosa ne pensa delle femministe, insorte per una scena violenta in un film, la Wertmüller risponde: "Le femministe mi sono simpatiche, basta che non ripetano gli errori degli uomini!

E alla domanda della Perego "verso cosa, nella sua vita, ha mostrato maggiore straffottenza, Lina con grande fermazza risponde: "il potere".

Si considera una persona viva, per lei la curiosità è un grande pregio e vuole raggiungere i 150 anni.

Grande Wertmüller!

Nadia

4 novembre 2008

UN FUTURO MIGLIORE CON BARACK OBAMA!

Obama, una persona capace
di parlare al cuore della gente.
Ecco un link ad un video youtube che trovo molto significativo.
http://www.youtube.com/watch?v=CBk32JsV9l8

Crediamo in un mondo migliore e votiamo Barack Obama!
Crediamo nel cambiamento e votiamo Barack Obama!
Crediamo nella speranza e votiamo Barack Obama!
Il futuro siamo noi!

Nadia


3 novembre 2008

La magia di una cena con Erna & Mario Scascighini

Ci sono certe persone che più le ascolti e più le ascolteresti ...e una di queste è sicuramente Mario Scascighini. Lui, con la sua dolcissima Erna, ci hanno ospitato a cena e ci hanno regalato una serata veramente speciale - ricca di pensieri e di osservazioni che valgono 1000 lezioni di vita. Sono instancabili le riflessioni di Mario sulla nostra società, sulla società che cambia, sull' "evoluzione" (se il termine lo si legge con una certa ironia), sulla storia e sulla vita delle generazioni passate. Partendo dall'architettura e passando all'etnologia, all'antropologia e arrivando alla sociologia, Mario ci ha regalato una serie di proprie personali considerazioni sul tempo che cambia e l'impoverimento che vive la nostra società sotto certi aspetti. Disarma la consapevolezza di Mario e il suo modo di affrontare i suoi racconti. Una cadenza tranquilla e riflessiva, che valorizza considerevolmente ogni parole che esprime. E parla del valore che va perso del passato in quanto irritrovabile nel presente.
Non conosco nel dettaglio la storia di Mario solo che proviene da Minusio, che di formazione è architetto (vive a Ginevra) e che sceglie la strada della sociologia (..anche la mia passione) che studia e insegna, per poi pubblicare un libro, nel 1991, sulla Casa del popolo in Europa e in Svizzera (http://www.bookfinder.com/author/mario-scascighini). Un libro prezioso, una ricerca unica del suo genere.
Evidentemente le sue riflessioni nell'arco della serata hanno spaziato e toccato temi di diverso genere, che non posso riportare perchè scrivendole la serata perderebbe la sua magia, la magia di tutte quelle considerazioni, domande e riflessioni che ha condiviso con noi. Beh, un vero privilegio!
Vi lascio con un mare di invidia, ma sappiate che se cercate l'opportunità di conoscere uno studioso che veramente vale la pena conoscere, ecco, Mario fa al caso vostro!
A prestissimo!
nadia

1 novembre 2008

Parliamo di “disagio & violenza in età giovanile”…

Divieti, repressione e punizioni - i giovani meritano di più!

La violenza giovanile è ormai una parola all’ordine del giorno e affrontare la discussione è senz’altro importante per l’intera comunità, che rischiano di spingere ai suoi margini i giovani e le famiglie coinvolte in certe difficili realtà sociali. E quando si affronta questa tematica bisogna evitare da un lato di drammatizzare, dall’altro di banalizzare a proposito delle cause e delle conseguenze legate a queste espressioni violente. Una cosa è certa: è ora di andare a fondo dei problemi, di promuovere proposte costruttive in modo propositivo e di investire finalmente in soluzioni non solo a breve termine, ma a medio e lungo termine. Sappiamo ormai che non è necessariamente interesse di certi politici proporre misure costose quando i risultati emergono in tempi medio-lunghi, in quanto è poco pagante dal punto di vista del ritorno mediatico ed elettorale, ma è anche vero che la sfiducia e il disinteresse verso il mondo della politica può essere anche l’espressione della distanza abissale che si sta creando tra i discorsi politici e le esigenze della popolazione in difficoltà. Per rivolgersi con una certa serietà e lungimiranza al problema del disagio giovanile diventa inevitabile dimostrare di avere la volontà di investire nella società del domani. Senza un impegno serio anche in termini finanziari, i buoni propositi e i buoni progetti rischiano di rimanere tali per molto, troppo tempo. I divieti e la repressione fino ad oggi non sembrano aver risolto i problemi di criminalità e tanto meno ad evitare la violenza, mentre l’informazione, la formazione, la prevenzione, l’accompagnamento sociale e l’istituzione di strutture idonee a rispondere alle diverse problematiche, sono delle soluzioni che richiedono risorse in termini di persone, tempo e denaro. Non si tratta in definitiva di facili scorciatoie normative, come un banale divieto al “botteillon”. Non ci si può accontentare di specchietti per le allodole, i giovani sono e meritano di più. Come meritano di più certi dati contenuti in note a pié di pagina del rapporto del gruppo di lavoro cantonale per la violenza giovanile (1.Rapporto, pag. 9) - ad esempio che fra il 2006 e il 2007 i casi problematici segnalati all’Ufficio delle famiglie e dei minorenni è aumentato del 30% (nel 2007: 1825 casi seguiti, 1490 famiglie di cui il 75% monoparentali, 369 sono casi fortemente problematici, ecc.), oppure che vi sono circa 80-100 ragazzi alloggiati presso pensioni e alberghi” e una cinquantina che considerano la strada la loro casa. Queste sì sono urgenze! Insomma, se ci si vuole chinare veramente sul problema, allora bisogna avere il buon senso di farlo con onestà e rispetto, con responsabilità civica e sociale.

Se i problemi si vogliono risolvere alla radice, l’approccio alla questione deve cambiare e le tante parole vanno al più presto tramutate in fatti. Non mi ritrovo in un approccio che pretende di risolvere il problema della violenza giovanile partendo dagli atti criminali. Questo non significa che non riconosco l’utilità di promuovere sistemi volti alla responsabilità sociale, civile e civica; condivido la necessità di non lasciare impunito alcun atto che viola la legge, ma questo non significa che nel rendere efficaci misure di questo tipo, si debba poi optare per l’estensione di questo approccio a più ambiti e livelli. Ritengo sia assolutamente fuori luogo pensare di trovare risposte alla violenza giovanile, partendo principalmente dalle punizioni, dai divieti e dalla repressione. I rapporti del gruppo di lavoro cantonale per la violenza giovanile Giovani Violenza Educazione pubblicato da poche settimane sul sito del Dipartimento delle istituzioni, specialmente il secondo rapporto, sembrano affrontare la questione piuttosto da questo punto di vista. Vi sono diverse proposte condivisibili, certo, ma vi sono altresì proposte alquanto discutibili, che espresse da un gruppo di lavoro multidisciplinare come quello esistente, acquisiscono facilmente una credibilità che invece politicamente necessitano di una discussione approfondita. Potrebbe essere maggiormente opportuno ragionare in altri termini: affrontare il disagio giovanile, partendo dalle cause del disagio - le situazioni familiari e sociali, le dinamiche di gruppo, tutti quei fattori che possono portare alla violenza; il documento propone anche questo, ma poi nell’insieme le emergenze e gli apprendimenti si perdono in tutt’altra direzione.

Perché ritengo sia indispensabile correggere e relativizzare l’approccio orientato all’intervento repressivo della polizia? Di fronte al secondo rapporto trimestrale del gruppo operativo non si può rimanere silenti: nel documento emerge in modo molto marcato lo spirito poliziesco ed indagatore alla base delle proposte del gruppo di lavoro. Controlli, schedature, divieti, repressione, punizioni e detenzione – ecco le proposte del gruppo, altro che Educazione. Che un gruppo operativo possa esprimersi in certi termini, al limite della discriminazione e dell’offesa, ma soprattutto con proposte volte semplicemente a soffocare i problemi a valle e non certo a risolverli a monte, è un fatto preoccupante e forse sintomatico. Tendenzioso ad esempio il fatto che “la provenienza”, quale fattore che può portare alla violenza venga inizialmente “scagionato” nel primo rapporto, per poi essere riproposto a più riprese nel secondo rapporto fino a diventare un fattore in cui diventa urgente intervenire.

Che l’Ufficio federale Giustizia e Polizia faccia il possibile per rendere efficace il proprio lavoro lo posso capire, ma ciò non significa che ogni mezzo è giustificato dal fine. Prendiamo ad esempio i “taser” (pistola ad elettrochoc, condannata dalla Commissione dell’ONU contro la tortura): con tutti i provvedimenti in vigore nella nostra società così detta civile, l’ammissione di queste armi equivale ad ammettere come le nostre istituzioni, responsabili di gestire situazioni delicate, non siano in effetti all’altezza di farlo senza armi di questo tipo. Come in questo preciso caso in cui a parer mio il fine non giustifica i mezzi, anche nel caso di atti violenti ad opera di adolescenti, le misure proposte dal gruppo di lavoro possono non essere necessariamente giustificate dal fine. Vi è ad esempio una proposta che intende creare la base legale per consentire alla polizia di vietare temporaneamente l’accesso a determinate aree e zone pubbliche, oppure la proposta di introdurre il coprifuoco. Preferisco pensare che, se oggi la popolazione è preoccupata per l’attitudine dei giovani verso la famiglia, la società, il proprio futuro personale e professionale, possa essere interessante approfondire le considerazioni conclusive e le misure proposte della Commissione federale per l’infanzia e la gioventù, quest’ultima incaricata di osservare e analizzare l'evoluzione della situazione dei giovani nella società e di formulare proposte che tengano conto dei bisogni dei bambini e dei giovani. Non v’è nulla di peggio di chi vuole mettere in pace la propria coscienza preferendo soluzioni repressive a misure propositive, educative, volte alla crescita.

Su una cosa bisogna essere concordi con il gruppo operativo, ossia che vi sia l’urgenza di agire su problemi che da tempo richiedono un intervento. Vi è urgenza di creare strutture come appartamenti e foyer seguiti da operatori sociali, educatori e assistenti sociali. Bisogna promuovere misure sensate, volte alla prevenzione, all’accompagnamento e al sostegno di giovani e famiglie in difficoltà. Vi è la necessità di formazione e corsi di specializzazione indirizzate a persone che lavorano con le generazioni più giovani. Diventa indispensabile non solo rendere efficace la rete sociale destinata ad esigenze in questo campo, ma anche a far conoscere la rete già presente sul nostro territorio e le possibilità esistenti.

Dedicarsi alle realtà dei giovani significa cercare di capire e condividere la nostra vita, la nostra quotidianità, i nostri tempi, le nostre abitudini, i nostri svaghi, le nostre prospettive e le nostre non-prospettive, le nostre opportunità e i nostri limiti, i nostri problemi e le nostre paure. I giovani non mirano a diventare “casi sociali”, ma lo diventano se l’unica via offerta loro dalla società è quella della schedatura, dei divieti e delle sanzioni. Una cosa è certa: oggi bisogna agire nell’immediato perché mancano strutture adeguate per almeno 150 giovani. Questa è senza dubbi un’urgenza ...che non merita di rimanere per lungo tempo una “nota a pié di pagina”!

Nadia