8 agosto 2007

Calmy-Rey e la Tavola rotonda dell'Open Doors...!

La Tavola rotonda, organizzata domenica presso il Forum del Festival di Locarno, é stata un'occasione particolare per incontrare Micheline Calmy-Rey (vista alcuni giorni prima sul praticello del Ruetli). Il tema della discussione era: "Gioventù nel Vicino Oriente: La cultura contro la logica della guerra". Quest'anno la Sezione Open Doors era dedicata a professionisti e cineasti impegnati in progetti nel Vicino e Medio Oriente, progetti cofinanziati dalla Direzione per lo Sviluppo e la Collaborazione (DSC, Ministero degli Esteri). L'intervento della Presidente della Confederazione è stato un semplice discorso introduttivo, mentre i protagonisti della mattinata sono state le persone invitate a parlare del loro lavoro. Ricordo con piacere i nomi delle/dei partecipanti alla tavola rotonda: Raed Andoni, Palestina, regista; Sameh Zoabi, Palestina, regista; Hazim Bitar, Giordania, regista; Renée Sabbagh, Libano, Rappresentante dell’ONU e attiva nel reinserimento di giovani delinquenti; Danah Dajani, Giordania, Specialista delle questioni in tema di gioventù e sviluppo.
La discussione è stata molto arricchente e le relatrici/i relatori sono state/i capaci di avvicinare il pubblico alla realtà dei giovani del Vicino e Medio Oriente. Questi progetti multimediali permettono alle giovani generazioni di conoscere e avvicinarsi ai nuovi mezzi di comunicazione. I giovani, scegliendo e approfondendo il mezzo più vicino a loro, possono dar vita a nuove forme di espressione nell'intento di partecipare in modo attivo alla crescita culturale del loro paese. La loro realtà di vita non é di sola guerra, ma anche di vita quotidiana; una vita ostacolata dai conflitti armati che sembra essere l'unico interesse, o quello principale, che importa al resto del mondo. Per questo è fondamentale offrire loro una "Porta aperta" un' "Open Doors" - quale messaggio di speranza futura per i giovani di questi paesi. Un impegno lodevole di chi vi lavora e merita di essere ricordato!

Dopo la discussione presso lo Spazio Forum è seguito un aperitvo allo stand dedicato al Cinema Svizzero; aperitivo a cui hanno partecipato alcune personalità della politica e tra queste appunto anche Micheline Calmy-Rey. Con Rosanna, una compagna della Sezione di Locarno, abbiamo colto l'occasione e abbiamo così cercato di scambiare una battuta con la Presidente che si è dimostrata gentile e disponibile ad ascoltare tutte le persone che in qualche modo cercavano di parlare con lei. Bello averla conosciuta!

7 agosto 2007

Splendida Ruth!

Quest'anno é il terzo anno che ho l'opportunità di pranzare con Ruth Dreifuss a Verscio. Ogni anno il Coordinamento Donne della Sinistra organizza con lei un pranzo, Ruth é una fedele del Festival di Locarno e quindi, trovandosi in Ticino, trova sempre il modo di incontrarci per un pranzo in compagnia.

Ruth é una persona molto speciale, ha un grande carisma e qualsiasi discorso si faccia con lei, trovo abbia sempre un qualche spunto interessante da darti. Dalla sua partenza dal Consiglio federale, Ruth non si é veramente allontanata dal mondo della politica e segue con interesse i diversi discorsi politici non solo a livello federale, ma anche a livello cantonale. Trovo inoltre arricchente sentirla parlare del passato, delle lotte che sono già state fatte e/o che si dovrebbe continuare a fare. Trovo inoltre molto stimolante sentirla parlare di tutto ciò che viene messo in atto politicamente, come anche da organizzazioni/associazioni - a favore dell'integrazione di persone straniere, richiedenti l'asilo e sans papiers. Bello averla rivista!

60. Festival del Film di Locarno

Forum, 5 Agosto 2007, ore 14.00
"Vogliamo anche le rose" - film documentario di Alina Marazzi


Per ricordare questo film-documentario, non riprendo necessariamente quanto é stato discusso in occasione del forum tenutosi la domenica pomeriggio allo Spazio Forum, ma lascio leggere quanto riprende il seguente articolo dedicato alla regista Alina Marazzi dalla giornalista F. Gehring (Swissinfo).

Desidero ricordare unicamente due aspetti emersi nella discussione, allegorie che mi hanno colpito particolarmente: una di queste immagini é stata ripresa dalla montatrice del documentario Ilaria Fraioli, il concetto del "ricamo" che descrive bene il modo in cui è stato creato il documentario - un insieme di diari, di immagini del passato e di animazioni molto particolari - il tutto appunto ricucito con grande sensibilità e attenzione, nel rispetto di ogni identità personale, come avviene con i ricami;
la seconda immagine é stata portata da una persone del pubblico che, descrivendo il movimento che fa un'onda del mare, ha descritto il vuoto che nasce per una generazione quando l'onda del movimento femminista di quegli anni si ritira - per poi tornare.

Per chi fosse interessato il link al sito ufficiale: http://www.vogliamoanchelerose.it/index.php

 Didascalia:

Didascalia: L'immagine simbolo del documentario di Alina Marazzi “Vogliamo anche le rose”

TESTO E IMMAGINI:
FONTE: http://www.swissinfo.org --> PRIMO PIANO - 7 AGOSTO 2007

Al Festival di Locarno riflettori puntati sulle lotte e le rivendicazioni del movimento femminista in Italia a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta

Nel suo documentario "Vogliamo anche le rose", la regista italo-svizzera Alina Marazzi propone un percorso di riflessione partendo dal passato, ma estremamente attuale.

Nel suo ultimo lavoro, che è stato proiettato in Piazza Grande, la cineasta milanese si confronta con il femminismo, con le lotte, con le contraddizioni e l'ambivalenza femminili, con le conquiste mai veramente definitive.


Alina Marazzi cuce con bravura e sensibilità diversi materiali, che combina in modo ritmato: filmati privati in super 8, film sperimentali, testi scritti, testimonianze, materiali di animazione, fotoromanzi, riviste e foto d'epoca.

Attraverso un percorso quasi archeologico, la regista scava negli archivi, nella memoria collettiva, nei ricordi individuali, nelle lotte condivise, nei tormenti solitari delle donne nei cui destini solitudine e partecipazione collettiva sono le facce di una stessa medaglia: il desiderio di liberarsi da limitanti condizionamenti.

Nel film scorrono davanti agli occhi le immagini delle lotte di piazza per il diritto al divorzio e all'aborto, vengono riproposte le riflessioni legate alla pillola come mezzo per controllare la propria sessualità, si lascia spazio alle reazioni degli uomini e al loro rapporto conflittuale con la donna liberata.



Storie di donne, prima di tutto

Alina Marazzi non parla del suo film come di un documentario sul femminismo. "E' un film che parla anche di femminismo – spiega a swissinfo – ma non solo. Nel mio documentario viene data voce a diverse donne, di diverse tipologie sociali, di differenti provenienze geografiche e non tutte femministe".

Sono dunque fondamentalmente storie di donne, quelle che ci accompagnano in "Vogliamo anche le rose" alle quali il femminismo ha dato la possibilità di esprimere esigenze comuni e lottare per i loro diritti. Alina Marazzi non ha vissuto in prima persona il femminismo, ma attraverso le sue ricerche ha riconosciuto molte delle atmosfere che le erano familiari quando era ragazzina e frequentava il liceo.

"Il mio desiderio era di rivisitare la storia recente della liberazione sessuale per ricostruire un tassello della mia identità femminile oggi. Ho voluto riparlare di avvenimenti del passato con lo scopo di fare riflettere sull'oggi. Credo infatti che i temi affrontati nel film sono assolutamente attuali".

Quel mancato passaggio di saperi

Il documentario fa riemergere effettivamente temi di straordinaria attualità. "Di fronte a pericolosi tentativi di restaurazione culturale – spiega Alina Marazzi – è importante ricordarsi che poco tempo fa le cose erano molto diverse, per cui non bisogna dare nulla per scontato".

Nonostante quella del femminismo sia una stagione cronologicamente vicina, quasi sepolta nella memoria collettiva, molte rivendicazioni e lotte sembrano così lontane come mai. "Gli anni Settanta sono stati molto densi di trasformazioni - commenta Marazzi - e anche molto sofferti. Forse quello che c'è stato dopo, il cosiddetto riflusso degli anni Ottanta, è stato un tentativo di sgravarsi da un certo peso, da modalità di pensiero dove tutto veniva molto ideologizzato e teorizzato".

Ma allora che cosa è andato perduto? "Una certa spontaneità e la passione nell'affrontare tutta una serie di argomenti. Si danno per scontate e acquisite molto cose e, oggettivamente, non c'è più l'urgenza di scendere in piazza per ottenere dei diritti".

"Ci sono state molte conquiste, a livello normativo. Ma c'è stata anche una dispersione di energie ed è mancato un passaggio di saperi di questa nostra storia recente. Lo riconoscono – osserva Marazzi - anche le femministe: hanno conservato la memoria delle lotte, ma non hanno trasmesso questo sapere".

"Il personale è politico"

A meno di non interessarsi agli studi di genere o di aver seguito questo percorso di emancipazione, la cultura femminista non è stata veramente trasmessa diffusamente. "Generalmente le ragazze di oggi – evidenzia la cineasta - ignorano quel passato di lotte. A loro paiono ovvie le libertà di cui godono. Si è inoltre perso, a livello diffuso, un certo tipo di pratica politica, di condividere necessità e urgenza".

Uno degli slogan delle femministe era "il personale è politico". Come lo vede oggi? "Bisognerebbe ricordarselo perché il personale continua ad essere politico. Mi sembra però che negli ultimi anni si dia molto peso all'individuo piuttosto che al collettivo".

"Dall'assunto "il personale è politico" si è poi prodotta una sorta di degenerazione per cui il privato è pubblico: si parla di sesso, si vede tutto, si sa tutto di tutti, tutto è esibito, in Tv, nei reality, ovunque. Non c'è più una dimensione privata. E mettere in piazza il privato non porta nessuna riflessione".


Come i petali di una rosa

Il documentario di Alina Marazzi, dove lo spazio dei sentimenti e delle relazioni è voluto, propone una terza via (simboleggiata nel film dalla donna che corre sulla spiaggia coperta dal velo da sposa): come alternativa alla contrapposizione o alla rinuncia, come luogo in cui far coincidere le molteplici aspirazioni della donna: lavoratrice, madre, sposa, indipendente, pronta alla condivisione, libera, sola o accompagnata. Aspirazioni, dunque, come tanti petali di un'unica rosa. Quella che vogliamo.

E non è un percorso sempre facile. Il desiderio di autonomia e il bisogno di amore si sviluppano spesso secondo dinamiche contraddittorie. E forse per le donne, spesso sospese in continue ricerche personali, sciogliere questo conflitto non sarà possibile.

C'è poi il ricorrente discorso dei modelli. "Noi donne siamo confrontati con modelli che spesso ci imponiamo da sole. Siamo anche bombardate da immagini distorte, forzate, inarrivabili che cerchiamo comunque di inseguire. Forse – suggerisce Alina Marazzi – fa parte di un atteggiamento femminile: volere sempre arrivare a qualcosa d'altro, tendere sempre ad un modello in più. Ma può essere un percorso terribilmente distruttivo".

Meglio allora lasciare vivere e crescere in noi la bambina che, alla fine del film, corre libera e sorridente. Quella bambina che chiede le rose. Sì, anche le rose. "Perché in passato le donne – conclude Alina Marazzi – non si sono battute solo per il pane. Si sono battute per un mondo che desse spazio anche alla poesia delle rose". Ed è una battaglia più che mai attuale.


Swissinfo, Françoise Gehring, Locarno - 7 agosto 2007

2 agosto 2007

Un discorso che va dritto al cuore - Grazie Micheline!

E' stata una giornata splendida, il giorno della Festa Nazionale del 1. agosto 2007 sul Rütli e preferirei non doverla descrivere per non farle perdere quel non so che di magico che aveva l'atmosfera di complicità creatasi quel pomeriggio sullo storico praticello, ma fondamentalmente sono queste, le esperienze positive che bisognerebbe condividere con gli altri, permettendo così a tutti di partecipare in modo indiretto alle proprie esperienze personali, soprattutto se le occasioni sono così speciali.

Una spledida gita in battello e un paesaggio da fiaba

La nostra prima tappa (nostra, perchè sono andata in compagnia di Manuel) è stata la cittadina di Lucerna, da cui partivano i battelli che portavano sul Rütli le 2'000 persone dotate di biglietto personale (prenotato e ricevuto a casa con tanto di salmo svizzero). Dopo una breve passeggiata in città, il tempo era magnifico e quindi invogliava la gente a cercare il fresco in riva al lago, ci siamo inbarcati sul battello e poco dopo siamo partiti alla volta del praticello. Il viaggio in battello è stato particolarmente bello (sarà che questo tratto non l'avevo mai percorso) – un primo orizzonte di colline in cui si potevano ammirare i praticelli verdi, i boschi, le roccie di qualche tratto di costa, le piccole spiaggette, i paesini affacciati sul lago e l'acqua del lago invece tranquilla, disturbata dal passaggio di qualche vela, battello o motoscafo, per non parlare poi dell'orizzonte sopra le colline, uno spledido sguardo sulle Alpi maestose contornate da un bellissimo cielo blu, limpido, che passava in secondo piano ogni qualvolta ci si avvicinava ad una riva del lago. Ricordo quanto fosse selvaggia la sponda destra del lago, una sorpresa ogni qualvolta si aveva modo di osservarne i dettagli. Insomma, una splendida passeggiata in battello che con l'andata e il ritorno è durata quasi tre ore; un tragitto che ci ha permesso di assaporare la vita lacustre del Lago dei Quattro Cantoni in un qualsiasi pomeriggio di festa.

Arrivati sul praticello del Rütli, dopo una breve passeggiata, abbiamo cercato un posto sul prato dove sederci in mezzo alla gente e abbiamo atteso l'arrivo di Micheline Calmy-Rey. L'attesa è comunque stata breve e dopo alcuni canti di un coro di bimbi accompagnato da una piccola band, il suono del corno delle Alpi accompagnato dal volteggiare delle bandiere lanciate con grande abilità dagli sbandieratori, e dopo un primo intervento introduttivo di benvenuto tenuto dalla presidente della Commissione del Rütli Judith Stamm, è stata la volta della Presidente della Confederazione. Micheline Calmy Rey è stata accolta in modo molto caloroso dalle persone presenti e lei a sua volta ha risposto all'acclamazione della folla, senza esitare, con sorrisi di grande compiacimento e gratitudine.

Un messaggio di libertà, di integrazione e un appello speciale alle donne

Il discorso di Micheline ha iniziato proprio col ricordare che il praticello del Rütli “non é un praticello come gli altri. E’ un simbolo della Svizzera. Il simbolo di ciò che ci unisce. Da qui è nata la Svizzera moderna sociale, democratica e multiforme. Ciò che ci unisce è la volontà di vivere insieme nella nostra diversità di lingue, origini e reliogioni. Ci uniscono i simboli, come il Grϋtli; i valori, come la neutralità. Ci uniscono i legami che abbiamo con il nostro Paese, le sue istituzioni politiche, la sua tradizione pacifica e domocratica. Ci unisce il nostro attaccamento ai nostri paesaggi, ai nostri laghi, alle nostre montagne, a un universo di colori, sapori e profumi. Il patriottismo é questo e ci appartiene a noi tutti.”

Micheline ha ribadito l’importanza di alcune libertà, quali elementi fondatori della nostra identità: la libertà di parola – di espressione, la libertà di riunione e la libertà di culto; libertà che non possono e non devono essere messe a repentaglio da nessuno. Ha inoltre ricordato come la rappresentanza politica delle donne non sia in relazione al loro peso demografico ed ha pertanto invitato le cittadine ad “agire insieme per cambiare le cose”; ha parlato di discriminazione salariale, dell’impegno delle donne nel lavoro domestico non remunerato e l’assenza di asili nido a sostegno della conciliabilità famiglia e lavoro.

Un ulteriore punto importante nel suo discorso è stato dedicato al tema dell’integrazione e il pericolo di ogni forma di esclusione. “Chi ha paura si ripiega su se stesso, innalza steccati e chiude le frontiere. Ma la Svizzera potrà preservare la sua identità solo con la coesione pacifica delle differenze. E’ importante porre l’accento su ciò che ci unisce e non su ciò che ci separa.” Un discorso che si rifà alla tradizione del nostro paese, un nostro punto forte da sempre: la capacità di instaurare legami e di gestire la diversità. Micheline, parlando inoltre di un grave problema sociale e non etnico, ha ricordato i fattori di rischio che possono generare violenza e criminalità nei giovani: la provenienza sociale, il livello di formazione insufficiente e il sesso (la violenza giovanile é un fenomeno maschile).

In conclusione, la Presiente della Confederazione ha invitato a coltivare un discorso attivo sui valori: “i valori non crescono da soli. I valori devono essere discussi, studiati, curati, trasmessi; se necessario bisogna anche difenderli e farsene garanti”. Ha infine aggiunto che “per tutti coloro che credono nelle qualità migliori della Svizzera, la nostra festa nazionale non è un giorno come gli altri. Così come il praticello del Rütli non è un prato come gli altri. Essi simboleggiano la volontà di agire insieme a favore di ciò che ci unisce.”

...ecco perchè é valsa la pena esserci il 1. agosto 2007 sul Rütli!