19 febbraio 2011

Elezioni 2011 - al via la campagna elettorale!

Con il Congresso dedicato alle Elezioni cantonali di Chiasso il Partito socialista ha dato il via alla propria campagna per le Elezioni cantonali del 10 aprile! Mi è piaciuto parteciparvi, ho trovato interessanti gli interventi delle candidate e dei candidati al Consiglio di Stato e mi è sembrato molto carino lo sketch di Gionata e Ariele a favore dell'iniziativa contro le armi di ordinanza in casa - un soffio di novità!


Ebbene sì, alla fine ho deciso di candidarmi al Gran Consiglio e quindi in questi giorni, oltre al lavoro e alla famiglia, si intensifica per me l'impegno politico. Nulla di insostenibile, parteciperò in particolare alle Feste e ai Comizi organizzati dai Gruppi regionali, organizzando e aiutando ad organizzare anche un qualche evento nel Locarnese e nel Gambarogno. 
Anche questa mattina ho dedicato del tempo alla campagna elettorale ed ho risposto a sei domande poste alle candidate e ai candidati da Ticinonline
...a voi Buona lettura!



1)      Una breve biografia

Mi chiamo Nadia Petra Pittà, sono nata il 7 novembre 1974 a Coira e sono cresciuta a Zalende - un paesino della Val Poschiavo. Lasciato il Grigioni italiano, ho prima conseguito la maturità in Engadina e poi studiato Economia politica (Volkswirtschaft) e Sociologia all’Università di Berna.
La vita mi ha poi portata a lavorare alcuni anni in Italia e subito dopo in Ticino dove, dopo essermi occupata di pianificazione dei giornalisti alla RSI, ho ricoperto il ruolo di Segretaria cantonale per il Sindacato dei servizi pubblici VPOD (responsabile dei settori sanità, socialità e donne) e quello di di Segretaria Generale all'Ordine dei Medici del Cantone Ticino.
Oggi sono Capo del Centro regionale del Servizio civile e condivido la mia vita con Manuel , a San Nazzaro. Il tempo libero lo dedico a famiglia, amici e… alla casa! Ci piace viaggiare, in montagna mi sento a casa, ma adoro anche girovagare tra le isole greche. Mi considero un’appassionata lettrice della Wochenzeitung e di tanto in tanto scrivo sul mio blog http://nadiapitta.blogspot.com.
Politicamente sono attiva quale co-presidente del PS Gambarogno,  consigliera comunale e capogruppo della lista Socialisti+Verdi+Indipendenti. Tifo Gioventù socialista, partecipo a Prospettive socialiste, sostengo l’attività di alcune associazioni nazionali e con passione continuo ad dedicarmi alle materie che ho studiato.

2)      Come è nata la passione per la politica?

Sono cresciuta in una famiglia in cui la politica era molto presente:  il nonno Pietro, una figura centrale nella nostra famiglia, era maestro e nella sua vita per diversi anni è stato Sindaco del Comune di Brusio e Granconsigliere a Coira, poi lo è stato lo zio. Anche mio fratello maggiore, prima di lavorare come giornalista, si è dedicato parecchio allo studio della politica. Così, terminata la maturità, la scelta della città in cui studiare è caduta su Berna, la capitale della politica. In quegli anni mi sono avvicinata parecchio a diverse organizzazioni impegnate politicamente, partecipando anche alla fondazione della sezione bernese di Attac. A livello tematico, mi hanno avvicinato alla politica: la campagna per la moratoria delle centrali nucleari in Svizzera, le manifestazioni delle donne per il congedo maternità,  la forte repressione della città di Berna contro i Sans Papiers e il grave scandalo delle schedature.
Arrivata in Ticino sono stati poi il mandato sindacale, in seguito l’attività nella Gioventù socialista e in successivamente alcune forti personalità socialiste ad interessarmi e trattenermi in politica. Così,  oggi continuo a fare politica, insieme a Jacqueline ricopro la funzione di Co-Presidente della Sezione PS Gambarogno e sono Capogruppo della lista Socialisti+Verdi+Indipendenti del Comune del Gambarogno. 

3)      Quali sono i temi che le stanno più a cuore?

Direi prima di tutto la precarietà nel mondo del lavoro – quale Cantone di frontiera oggigiorno sono indispensabili sia i contratti collettivi, sia i controlli dell’ispettorato, mentre per quanto riguarda “il capitale”, direi che sarebbe piuttosto ora di ristudiare la sua tassazione. Passerei poi al tema della socialità: la rete e i diversi provvedimenti sociali destinati alle persone bisognose, il discorso legato alle pari opportunità rivolto alle donne, il “problema” della multiculturalità (approfondito per anni all’università) e di fronte ad un tema quale l’evoluzione demografica, direi ogni politica dedicata alle diverse fasce generazionali  – in particolare la politica giovanile, un tema ancora troppo debole nel nostro Cantone. Penso inoltre al tema della sanità a livello cantonale e nazionale – a quanto sia dannosa la concorrenza nelle cure di base; ripenso all’importante tema dei servizi pubblici e il pericolo della loro privatizzazione; e ultimo, ma non meno importante, la promozione delle energie rinnovabili e il rispetto per la natura, l’ambiente è un tema che sento molto, provenendo da una valle di montagna.

4)      Quali sono i problemi più urgenti da risolvere in Ticino?
Penso che il nostro Cantone debba fermarsi e riflettere su quelle che sono le sue vocazioni e quelli che sono i settori in cui oggi è fondamentale investire. Il tessuto economico ticinese per la maggior parte consiste in piccole e medie  aziende, mentre oggi l’interesse si concentra piuttosto sulle realtà grandi, importanti, e questo è pericoloso nel lungo termine. Riscontro pertanto una certa fatica tra l’interesse politico incentrato sui grandi sistemi e la nostra realtà economico-sociale, dalle caratteristiche principalmente periferiche.  Non mi sorprende ad esempio che oggi le città si siano avvicinate e siano alquanto forti politicamente, mentre le periferie si siano allontanate e contino sempre meno, nel peggiore dei casi sfruttate in nome “dell’interesse del Cantone”.  Questo si ripercuote poi sulla realtà lavorativa, economica e sociale della popolazione ticinese: per molti ticinesi penso che il problema sia riuscire ad arrivare alla fine del mese,  tenersi stretto il proprio lavoro (chi ce l’ha) anche se precario, fare acrobazie indicibili per riuscire a conciliare famiglia e lavoro, vedersi aumentare di anno in anno i costi della vita e contemporaneamente vedersi sottratti dei diritti. È questo senso di incertezza, di disagio, di sfiducia nel futuro e quindi nella politica la piaga maggiore, e direi non solo nel nostro Cantone.

5)      Quale il Ticino del futuro che sogna

Ho in mente un Ticino all’avanguardia sia in termini economici, che tecnologici, orientato all’innovazione,  alle forme di produzione socialmente sostenibili e rispettose dell’ambiente, basato su una solida struttura economica capace di offrire lavoro (non occupazione precaria), occasioni formative e opportunità di ricerca. Un Ticino in cui la gente trova luoghi di socializzazione, luoghi e momenti che permettono di riscoprire le nostre tradizioni, come anche proposte rivolte alla novità, all’arte e alla creatività. Paesi e città in cui esistono centri abitativi capaci di rispondere alle esigenze della popolazione anziana, così come spazi liberi destinati ai giovani. Un Ticino attento ai bisogni delle persone in difficoltà e capace di sostenere le famiglie, di qualsiasi tipo. Un Ticino impegnato nell’offrire soluzioni a sostegno della conciliabilità famiglia e lavoro – penso alle mense, agli asili nido e alla promozione di orari flessibili e lavoro a tempo parziale (per scelta non per costrizione). Un Ticino sicuro dei propri valori e della propria identità, in cui la multiculturalità viene sostenuta da una politica di integrazione che mira all’arricchimento e all’impegno reciproco – della società autoctona, così come della popolazione caratterizzata da tradizioni diverse.  Un Ticino attento a investire nella cultura, nella formazione e nell’intrattenimento a vantaggio di tutte le diverse fasce d’età ed interessi della popolazione. Un Ticino quindi propositivo, intelligente, preparato, rispettoso e pertanto rispettato a livello nazionale ed internazionale. Un Ticino capace di valorizzare meglio il proprio territorio, le vallate di montagna, il prezioso Piano di Magadino, la zona collinare del Mendrisiotto, le splendide località lacustri, e pertanto attento alla mobilità lenta – penso alle piste ciclabili, ai marciapiedi e alle passeggiate sicure. Un Ticino pronto ad investire nel servizio di trasporto pubblico, per assicurare la capillarità e migliorare la frequenza dei collegamenti con le realtà periferiche, così che ricorrere all’automobile diventa piuttosto l’eccezione. Un Ticino in cui politicamente non prevale il populismo e l’incoerenza, ma piuttosto il rispetto, la coerenza, la concretezza e soprattutto l’equilibrio in termini di presenza femminile e delle giovani generazioni.  Insomma, un Ticino dove ci si possa sentire a casa.

6)      Perché dovremmo votarla?

Perché sono convinta che il Ticino ha bisogno di persone che credono di poter cambiare le cose, non solo di persone che hanno il potere di farlo, ma lo utilizzano soprattutto per fini esclusivamente personali.
E perché, come ha detto Eleanor Roosvelt, “ Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei loro sogni”. Considerati i miei innumerevoli sogni e convinta della loro bontà, per riuscire a realizzarli mi è indispensabile il sostegno di tutti. 


12 febbraio 2011

Sosteniamo il Parco del Piano di Magadino!


Venerdì 11 febbraio è terminato il periodo di consultazione sul PUC del Parco del piano di Magadino. Credendo nell'importanza di questo tema - grazie all'impegno e al sostegno in particolare dell'architetto, paesaggista Orlando Pampuri e altre compagne e compagni del Gambarogno, abbiamo organizzato a Vira Gambarogno una serata di approfondimento dedicato a questo progetto. Hanno partecipato espterti come Orlando e l'architetto Renato Maginetti, Gian Paolo Torricelli quale docente e ricercatore dell'Accademia di Mendrisio, Davide Polli dell'Associazione Piano di Magadino a misura d'uomo, il nostro Municipale Eros Nessi, Bruno Storni municipale di Gordola, Gabriele Pelloni, Alfredo Salvisberg, Franco Dellea, Oliviero Ratti, Jacqueline Rohrer - diversi compagni impegnati e attenti alla salvaguardia del nostro territorio. Così, nell'arco di due giorni ho poi preparato e inviato la nostra presa di posizione al Dipartimento del territorio.
Nel frattempo sono numerose, troppe le voci contrarie e critiche su questo progetto - giustamente andranno messi a punto ancora alcuni aspetti, ma in termini generali il Parco del Piano di Magadino è un progetto indispensabile per salvare e salvaguardare questa importante zona verde del Cantone Ticino. Sarà pertanto fondamentale far sì che questo progetto non venga affossato da interessi minoritari e individuali.

Ecco, per chi fosse interessato, la nostra presa di posizione.
Buona lettura!



Presa di posizione sul PUC del Parco del Piano di Magadino in consultazione


Gentili Signore, Egregi Signori,

Il Gruppo Socialisti+Verdi+Indipendenti del Comune del Gambarogno, considerata la valenza del Progetto di Piano di utilizzazione cantonale (PUC) del Parco del Piano di Magadino (PPdM), ritiene importante partecipare a questa fase consultiva. In seguito ad aver preso visione del rapporto e della rispettiva documentazione e in seguito ad aver partecipato ad una serata informativa organizzata dal vostra Dipartimento, riteniamo pertanto doverosa una nostra presa di posizione.

Un percorso progettuale che offre una solida base di discussione e di progettazione

Come prima cosa ci teniamo a formulare una nota di apprezzamento per il notevole sforzo fatto fino ad oggi nel perseguire un percorso progettuale non indifferente; un percorso che ha saputo coinvolgere numerose parti in causa, il cui esito rappresenta oggi una solida base di discussione. Una nota di merito va pertanto espressa a tutte le parti coinvolte in questo progetto e nella stesura del presente rapporto.

Emergono in modo chiaro e trasparente quelli che sono gli obiettivi principali del PUC, le misure necessarie da adottare per la loro realizzazione e gli interessi in gioco. Riteniamo inoltre interessante aver potuto prendere visione di come si intende dotare il Parco del necessario organo di gestione – ossia l’Ente Parco, responsabile dell’attuazione del PUC e dell’adozione delle misure necessarie volte al raggiungimento dei diversi obiettivi. 

Vi sono, certo, dei suggerimenti che potremmo esporre ad esempio in merito all’adozione di possibili accorgimenti, anche di metodo (es. il coinvolgimento dei proprietari fondiari) durante le diverse fasi del percorso progettuale, ciò nonostante riteniamo che una serie di osservazioni di dettaglio siano già state riportate da altre associazioni e organizzazioni che hanno preso parte alla consultazione e che non necessitano di essere riprese in questa presa di posizione.

La nostra “non entrata in materia” a livello di dettaglio, misura per misura, non è da intendere come posizione indifferente alla singola misura. Ritenuto che i principali nodi della discussioni sono relativamente noti e si rifanno a questioni sollevate sia dai media, tramite la divulgazione di alcune prese di posizione (es. questione relativa al finanziamento), sia in occasione delle serate pubbliche tenutesi nelle scorse settimane (es. vincoli legati ai vigneti e ai prati verdi per il giardinaggio), premettiamo piuttosto che questi aspetti troveranno sicuramente un proprio spazio di discussione nelle prossime fasi progettuali e di attuazione del PUC. 

Un primo passo nella giusta direzione

Questa presa di posizione non intende di fatto esprimersi su aspetti di dettaglio che già sono e/o verranno sollevate dalle numerose parti interessate. Ci preme piuttosto sottolineare da un lato il nostro accordo di principio sulla direzione che si intende perseguire - sulla linea di quanto esposto nel rapporto – e dall’altro lato però riconoscere che quanto proposto dovrebbe rappresentare un primo passo nella giusta direzione.
Il rapporto sottolinea ripetutamente il riferimento alle molteplici vocazioni del PPdM, in particolare l’agricoltura, la natura e lo svago. Questo strumento di pianificazione mira ad una riorganizzazione territoriale con l’obiettivo di consolidare uno spazio, un ambiente di qualità, in cui gli odierni punti di conflitto tra le varie vocazioni del Piano possano servire a creare piuttosto delle sinergie tra le rispettive vocazione. È questo il valore aggiunto che il PUC, di respiro sovracomunale, è in grado di offrire in termini di sviluppo sostenibile.
La definizione di 35 obiettivi specifici - da realizzare per il tramite di una novantina di misure (di cui vengono suggeriti gli aspetti critici, le priorità e i responsabili della loro attuazione) - è da considerare a nostro avviso un primo risultato che si basa oltretutto su vincoli legislativi in vigore, la cui applicabilità purtroppo oggi – in casi specifici - è carente. Il PUC rappresenta pertanto un denominatore comune anche in termini di gestione del territorio attenta alle normative vigenti.

A livello di territorio, uno dei punti che riteniamo importante invece sollevare, riguarda l’estensione del Parco:  il progetto del Parco del Piano di Magadino andrebbe esteso ulteriormente e comprendere una serie di appezzamenti oggi ancora escluse dal Piano. Concretamente ci rifacciamo alle osservazioni al PUC presentate dall’Arch. e paesaggista Orlando Pampuri e dal rispettivo Gruppo “Piano di Magadino, Bellinzona, Locarno”. Riconosciamo in questo PUC la volontà di consolidare e sviluppare uno spazio in cui viene concepita una zona dedicata al Parco, ma siamo convinti che una corretta visione d’insieme di quelli che sono i diversi spazi sul Piano di Magadino che dovrebbero interessare il Parco debbano includere ulteriori appezzamenti territoriali. Questo PUC consiste quindi in un primo passo nella giusta direzione, che in futuro potrà e a nostro avviso dovrà prevedere ulteriori fasi di studio per l’estensione, laddove possibile, dell’attuale progetto a questi ulteriori appezzamenti.

Due progetti di valenza nazionale ed internazionale che metteranno alla prova il PUC

Il PUC non promuove soluzioni per quanto concerne i due progetti di valenza nazionale ed internazionale come lo sono Alptransit e il collegamento veloce A2-A13, non ha la presunzione di farlo e non lo considera un obiettivo. Ciò nonostante, consapevoli i redattori che queste opere avranno inevitabilmente un impatto sul Piano di Magadino, nel documento emerge come queste realizzazioni premetteranno uno studio e un approfondimento nel dettaglio delle soluzioni da adottare e delle misure da intraprendere nel rispetto di quanto previsto dal PUC. Fermo restando che queste opere si rifanno a competenze a livello di Confederazione, il rapporto non dimentica di sottolineare che la loro pianificazione e realizzazione dovrà a questo punto prevedere l’adozione di misure volte a limitare al minimo ogni conseguenza negativa sul Parco e provvedervi oltretutto in termini compensativi.
Certo, rimanere silenti rispetto a questi progetti, la si potrebbe considerare una lacuna importante; cambiando prospettiva però, ossia adottando una prospettiva volta alla salvaguardia e allo sviluppo del Piano di Magadino, questa lacuna risulta giustificata, o meglio giustificabile.
Da una nostra discussione è emersa la necessità di non indugiare ulteriormente nel ripensare questo spazio di vita tanto importante per il nostro Paese; il rischio è che in futuro proprio progetti di questa portata potrebbero fungere da ostacoli nell’adottare soluzioni territoriali di questo tipo. I tempi per consolidare questo spazio naturale sono maturi e pertanto si è dell’avviso, come suggerito nei documenti, che questi progetti in termini di dettaglio andranno affrontati con la dovuta attenzione in considerazioni di un Parco allora esistente.
Non possiamo esimerci dal ricordare che la realizzazione di queste opere richiede tempi lunghi che la realizzazione del Parco non può permettersi di attendere. Lo strumento stesso di un Piano di utilizzazione cantonale, in cui l’interesse è posto a livello sovracomunale, deve poter stabilire le regole d’uso del territorio in funzione di un approccio e di una gestione coordinata di questo spazio. La situazione odierna parla da sola: gli strumenti odierni, già disponibili a livello pianificatorio, non hanno saputo porre fine a certe situazioni puntuali irrispettose della normativa vigente. Attendere decenni per riuscire a tenere debitamente conto di questi progetti di portata nazionale risulterebbe un atto irresponsabile, se l’obiettivo è quello di dar vita in tempi relativamente brevi ad un progetto che mira a riqualificare al meglio uno spazio di vita che oggi esiste, che presenta una serie di peculiarità e che merita di essere salvaguardato, valorizzato e sviluppato – provvedervi domani, potrebbe essere tardi.

Una progetto lungimirante per assicurare un futuro al Piano di Magadino sostenibile e responsabile

La nobile visione politica che ha dato vita a questo progetto, lo ricorda bene il Rapporto di pianificazione (pag. 3), è il seguente:  “il Governo fece elaborare un concetto di sviluppo con un duplice obiettivo: conseguire un riordino dell’organizzazione territoriale unitamente a un miglioramento della qualità ambientale del comprensorio; selezionare le utilizzazioni ammissibili e auspicabili, coordinandole con gli obiettivi d'organizzazione territoriale del Piano direttore (PD) e delle pianificazioni locali.”

La sfida raccolta dal Governo e dal Parlamento nel riconoscere un grande valore al Piano di Magadino merita oggi di essere ricordata e sostenuta, se si vuole porre un limite al degrado che questo territorio subisce da anni. Per questa ragione invitiamo le forze politiche e tutte le parti interessate a cogliere questa sfida, nell’interesse del nostro territorio, del nostro Cantone, del nostro Paese e nel rispetto delle generazioni future.


Certi che l’investimento in un progetto di tale rilevanza naturalistica, economica e turistica per la nostra Regione e il nostro Paese si rivelerà vincente, porgiamo i nostri migliori saluti.


Nadia Pittà
Capogruppo Socialisti+ Verdi+Indipendenti, Comune del Gambarogno
Co-presidente Sezione PS Gambarogno 


11 febbraio 2011

Bill vive nelle nostre azioni e battaglie quotidiane

In questi anni, mi sembra di non avere mai il tempo di fermarmi e riflettere. Come se fermarsi fosse un lusso che non ho, che non abbiamo in tanti. Sempre di corsa, sempre indaffarata, un affanno che ti impedisce di fermarti, perchè fermarsi sembra debba significare perdersi. E così, purtroppo, sono spesso gli avvenimenti tragici che ti costringono a fermarti e riflettere.


  foto: www.tio.ch

L'anno scorso è stato il tragico incidente in cui è stato coinvolto Bill a fermarmi. Sono stati giorni, ore di paura quelle che hanno antcipato la notizia del suo decesso. Ore sospese nel vuoto, poi l'infinita tristezza, le lacrime e i ricordi. Quelli sono momenti che non si dimenticano e che vivono con noi, ci accompagnano nella nostra vita.
A partire da quel momento in cui ho avuto la consapevolezza di non incontrarlo e sentirlo più, tra una battaglia e l'altra, i momenti trascorsi in compagnia di Bill, i suoi valori e le sue parole mi hanno in qualche modo invasa, trapassata. La sua vita e i suoi insegnamenti da quel momento sono diventati indelebili nel mio cuore e da quel momento vivo nella consapevolezza che Bill, le sue battaglie e quella di tante altre persone vivono alla nostra azione quotidiana. Pensare a lui, ricordarlo, mi rassicura. Molte delle sue battaglie le sento mie, molte battaglie che ho in mente sono sue. E oggi sono serena, in molte battaglie non mi sento per nulla sola, come non mi impurisce più dire come la penso, anche a costo di dovermi scontrare con la maggior parte dei compagni. Lo spirito critico - letto negativamente da chi teme il confronto, la coerenza a valori e principi fondamentali, l'impossibilità di certi compromessi, mi avvicinano molto a Bill. E ci abbiamo anche scherzato sopra! Che ricordi, Bill!

Oggi mi fermo una seconda volta per riflettere. Mi fermo perchè ricorre il primo anniversario dalla tua scomparsa. Quello che mi sorprende però è che il pensiero a te, oggi non mi risulta più lontano, anzi direi quasi più vicino. E pensare quindi che il futuro ci avvicina, mi rassicura.

Oggi scrivo di te, ma non per ricordarti, perchè quello avviene spesso - proprio oggi ho scritto una presa di posizione a sostegno del Parco del Piano di Magadino ...e come non ricordati (!); scrivo di te perchè magari qualcuno non ti conosce, ma leggendo queste righe si incuriosisce e ci tiene a conoscerti. E grazie al grande lavoro dei tuoi cari che ti hanno dedicato uno splendido sito www.billarigoni.ch  è possibile conoscere il corso della tua vita, i valori in cui hai creduto e le numerose battaglie che hai portato avanti - instancabile. Battaglie che oggi toccano a noi, nel rispetto dei valori che condivido con te e che molti condividono con noi.

Grazie Bill per avermi insegnato tanto, Grazie per il sostegno che mi ha sempre offerto e Grazie per continuare ad accompagnarmi nelle piccole e grandi lotte quotidiane.

Nadia


3 febbraio 2011

È arrivato il momento di dire: Nein, Danke!


Illuminante la serata trascorsa al Cinema Lux di Massago, mercoledi 2 febbraio 2011, in compagnia di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chidemi! Imperdibile!
Sono certa che a molte di noi infastidisce il modello della donna presentato sulle televisioni italiane, ma non tanto da studiarlo nei minimi dettagli riflettendo in modo lucido anche sulle gravi conseguenze che comporta la divulgazione di questo modello.

C'è però chi finalmente l'ha fatto e oggi si impegna a divulgarne i pericoli, in modo critico e al contempo costruttivo. Fortunatamente Lorella Zanardo è sempre più presente anche a livello pubblico e mediatico: spesso viene invitata in televisione, viene intervistata dai giornali, invitata da organizzazioni e da istituzioni, come scuole o comuni. Ha perfino presentato il suo documentario alla Dirigenza della RAI e presto, sarà invitata anche al Parlamento europeo - una notizia rassicurante. Ebbene sì, oggi la sua battaglia ha oltrepassato i confini dell' Italia, anche se all'estero, come ha spiegato bene lei, quando si trova in paesi nordici, difficilmente le si crede che quanto ripreso dal documentario sia reale, sia vero. Ahimé, purtroppo lo è.

Da come potrete vedere il documentario "Il corpo delle donne" non ha bisogno di molte spiegazioni per essere capito. E come prima cosa, merita di essere visto e in seguito divulgato! Ecco quindi, come prima cosa: guardate il filmato... buona visione!



Stordite? Sorprese? Incredule?Beh, sopratutto Incazzate!!!  Mi piacerebbe a questo punto approfondire quanto rivela e mette di discussione Zanardo, ma sinceramente lascio che sia un articolo pubblicato sull'Unità a spiegare ulteriormente come comportarsi dopo aver visto questo filmato ed essersi interrogati sul modello di donna che oggi spopola sulle televisioni italiane. E prima di tutto inviterei chi si occupa di intrattenimento, cultura e informazione a chinarsi sulla questione. Insomma, basta umiliazioni, i nostri diritti vanno rispettati: è giunto il momento di rispondere con un Nein, Danke! A questo proposito, per concludere, riprendo un aneddoto di Zanardo pubblicato sull'Unità, aneddoto che ha ricordato anche durante la serata. 

... e prima di lasciarvi alla lettura dell'articolo, ho alcune piccole richieste a tutti voi: divulgate il Nein, Danke! di Zanardo, parlate di questo documentario e promuovetelo tra amici e conoscenti - fatelo nel rispetto dei diritti e della dignità delle donne!

E se vi è possibile, non dimenticate di andare sul sito dell'Unità per sostenere e firmare anche voi la petizione:  Ora basta!

Grazie per il vostro impegno e a ri-ciao! 
Viva le donne!
Nadia

 * * * * * * *
Rialziamo la testa tutte insieme 
Oltre 74'000 per l'appello dell'Unità
Link: articolo 
Studiavo a Monaco di Baviera, avevo vent’anni e guardavo le mie amiche tedesche con un misto di ammirazione e stupore. Quando mi veniva proposto qualcosa che non mi convinceva del tutto, quando mi si invitata da qualche parte che non mi interessava, riuscivo sì a rifiutare, ma il mio era sempre un «No... grazie... scusa ma... no» e sorridevo imbarazzata, lo sguardo basso, preoccupata di non essere così più gradita.

Benedikte, al contrario, guardava l’interlocutore fissa negli occhi e emetteva un sonoro e serissimo: “Nein, danke”. Lottavo contro una timidezza innata, ma non era solo quella la ragione del mio disagio, lo sentivo. È che a lei, a Benedikte, sembrava non importare molto del consenso del suo interlocutore, almeno non più del suo personale benessere, le era chiaro cosa la facesse stare bene e cosa no: di conseguenza si comportava.

Ho ripensato spesso alla mia amica tedesca in questi due anni di militanza sul territorio, mesi in cui ho portato nelle scuole e nelle associazioni, nelle università e nei dibattiti il video Il Corpo delle Donne e il progetto di media education Nuovi Occhi per la TV.

Ho incontrato migliaia di donne di tutte le età e con loro ho provato a rispondere alle domande che pongo nel documentario: «Perché non ci ribelliamo? Perché non scendiamo in piazza? Perché accettiamo questa umiliazione continua?».

Perché non di sesso si tratta ormai ma di umiliazione che viene proposta dalla nostra televisione a tutte le ore: donne schernite, donne riprese con la telecamera ginecologica, donne a quattro zampe e appese come prosciutti, ragazze derise da presentatori anziani e goliardi.

Mi interessano le risposte delle donne normali, non solo di quelle impegnate, non di quelle che alle manifestazioni ci sono sempre andate, non delle intellettuali. Mi interessano le risposte delle maestre silenziose, delle casalinghe, delle anziane che paiono invisibili, delle ragazzine, di quelle donne di cui mai si parla e che però rappresentano la maggioranza della popolazione.

Trenta anni di trasmissioni che hanno avuto come leit motiv il nostro corpo oggettivizzato ci hanno rese complici: abbiamo guardato quelle i m m a g i n i c h e lentamente colonizzavano il nostro immaginario e davanti a loro ci siamo piegate docilmente: quanto è stato più facile in fondo ubbidire alla dittatura mediatica, quanto è stato più facile dimagrire, gonfiare, tirare piuttosto che capire chi eravamo e cosa poteva farci stare realmente bene.

Abituate da secoli a non renderci sgradite e ad aderire ad un modello che non comporta bizzarrie di liberazione: potresti non essere più una brava moglie, una brava madre, e lo sappiamo quanto male faccia sentirlo insinuare.

«Per prendere coscienza, ci vuole tempo ed energia. Io alla sera sono stanca morta», mi dice un’amica e ha ragione: le donne italiane lavorano in media 2 ore in più al giorno rispetto alle altre donne europee; quelle due ore sono quelle che servirebbero a prendere coscienza, ad informarsi, a crescere.

«Di che cosa abbiamo paura?», ripeto da due anni. Perché può solo essere una gigantesca, enorme paura che ci ha fatto accettare l’inaccettabile sino ad ora. E oggi mi pare di comprendere che è stata la paura di perdere il consenso, la paura di non essere più volute, accettate.

Una orribile paura del rifiuto che ci costringa ad essere sole. “Schiave Radiose” stigmatizza Lea Melandri. Schiave di un’approvazione che potrebbe non arrivare, che potrebbe tardare e, nell’attesa, costrette a sembrare orribilmente radiose, e però lo sappiamo che da quel tipo di schiavitù non potrà sorgere nessuna autentica luce.

«Io lo dico che quella tv mi offende, che quelle donne non mi rappresentano », mi dice una diciassettenne a scuola «ma poi mi scherzano, mi dicono che sono invidiosa, che lo dico perché non sono bella come loro...».

Ragazze amiche compagne: se non ora quando? Se non prendiamo ora la paura per il collo, se nonproviamo a superarla imparando di nuovo a fare rete e a trovare supporto una dall’altra, vicine, insieme a molti uomini che sentono la giustezza della nostra denuncia, se non approfittiamo del momento propizio per dire: Basta! Basta a una dittatura mediatica che ha imposto un modello unico di donna che non ci assomiglia mache è diventato modello per troppe ragazze che hanno avuto la tv come unica maestra..

Basta ad una politica che è solo spettacolo e che non ci rappresenta. Basta alle quasi bambine divenute merce di scambio. Basta al corpo televisivo: andiamo incontro ad una nostra personalissima ricerca: un altro corpo è certamente possibile. Se non ora, quando? Proviamo a dirlo il 13 febbraio il «Nein, danke» che le donne europee stanno già dicendo.