La politica ticinese nel corso degli ultimi decenni ha
visto protagonisti il PLRT, il PPD, la Lega dei ticinesi, l’UDC e il PS. Il timone
del nostro Cantone è stato nelle mani dei primi due partiti e del movimento
leghista – la maggioranza è tutt’ora nelle loro mani. Nell’ultima legislatura,
sempre questi tre schieramenti, hanno dato vita al Patto di Medeglia, o meglio
noto come il Patto del Triciclo, un termine che sembra non piaccia a Jelmini,
ma tant’è. I tagli della spesa pubblica dovevano passare dalle forbici
manovrate da questi politici, uniti in un Patto per il bene del nostro Cantone.
Il giornalista Aldo Bertagni alcuni giorni fa, in un editoriale ha sottolineato
che la legislatura 2011-2015 la si sarebbe ricordata proprio per questo patto
ed è interessante riportarlo alla mente, perché ricordiamo anche bene com’è
andata a finire. Se ne sono viste delle belle intorno a questo patto, radicali
che si sono smarcati, ingenuità che sono venute allo scoperto e boutade di
Giuliano Bignasca - è stato ancora lui ad annunciare che il giochino si era
rotto e che il patto era da considerarsi concluso di fronte al rifiuto di
ulteriori sgravi fiscali nel 2013. Pochi giorni or sono, pare che Cattaneo si
sia detto favorevole a un “Patto del Triciclo bis” e i due massimi
rappresentanti di Lega e PPD sembrerebbero concordi nel riprendere il discorso
- pronti ad alzare il sipario.
Perché parlare di errori? Perché la situazione del
nostro Cantone è lì da vedere - nel corso di questi anni la situazione è piuttosto
peggiorata per quanto concerne diversi aspetti. Si sarebbero potuti fare degli
importanti passi avanti, nel lavoro, nel socio-sanitario, nella mobilità e nell’ambito
della gestione del territorio, mentre non si può certo essere soddisfatti di
quanto è stato ottenuto. Vi sono stati degli evitabilissimi sgambetti tra
Consiglieri di stato e situazioni a dir poco paradossali in Gran Consiglio
(come anche tra Esecutivo e Legislativo), per non parlare del voto dei soldatini
nel pieno rispetto dei meri interessi delle lobby presenti tra le file del
Parlamento. Se molti politici si sono espressi in termini negativi rispetto a
questi ultimi anni di politica; la popolazione non può che rincarare la dose,
nonostante si possano leggere che i singoli gruppi – e parlo di quelli che
conosco meglio – si siano dati un gran bel da fare per portare a casa un
qualche risultato. Tra questi penso ad esempio al Parco del Piano di Magadino -
un Signor risultato, che è stato ottenuto con non poca fatica, quando invece oltre
al buon senso oggi anche le statistiche confermano come nel nostro Paese sia particolarmente
basso il territorio salvaguardato in termini di percentuale nel confronto
internazionale. Insomma, i “cantieri aperti” nel corso di questi anni sono
parecchi, purtroppo anche aumentati, e sono al contempo troppi i topolini
partoriti da elefanti da questa politica. I dossier sono sì complicati, ma
spesso anche la scarsa preparazione o l’insufficiente approfondimento di quanto
presentato al Legislativo ha pesato sui tempi e di conseguenza sulle decisioni.
Non si può pertanto perseverare con quanto accaduto:
il Ticino ha bisogno di maggiore efficacia politica e di maggior dialogo tra i politici
(e lasciamo stare i tricicli), i quali devono imparare ad ascoltare colleghi e
colleghe, e fare maggiormente i conti con la realtà che li circonda e le
priorità che bisogna riuscire a definire – in modo costruttivo, per il bene di
tutta la popolazione. Molti politici e alcune donne in politica (sono sempre
troppo poche) si ripresentano e chiedono di essere rivotati. Non tutti meritano
di essere rieletti, lo sappiamo bene; la conseguenza della rielezione della
maggior parte di loro vorrebbe dire perseverare con quanto fatto negli scorsi
anni. Optare per la continuità significherebbe agire in modo irresponsabile.
Sperare che le persone rielette votino in modo diverso (magari evitando il
soldo delle lobby), sappiamo che è poco credibile, ma le elettrici e gli
elettori hanno l’opportunità di cambiare le dinamiche e la concentrazione di potere
in Parlamento, cambiando una buona parte dei rappresentanti politici votati in
passato (in particolare chi ne ha rappresentato i vertici), rafforzando il voto
e pertanto la presenza delle donne a livello di politica cantonale, e non meno
importante, sostenendo politici e politiche impegnate, preparate, coraggiose e
pronte a mettere in atto politiche lungimiranti, che non daranno troppi frutti
oggi, ma forzatamente domani. Pensiamo ad esempio anche solo alla riduzione del
numero di allievi per classe, misura che trova concordi politici di tutti gli
schieramenti; una misura che significherebbe finalmente muovere un primo passo
nella giusta direzione – a favore della scuola che c’è – ma che proposta con altre misure e in modo
inappropriato può non aver trovato il sostegno di chi non è stato coinvolto.
Dopo anni in cui ci si è sentiti dire “No, non si può”
è venuto il momento di promuovere con coraggio riforme lungimiranti. Insieme
possiamo promuovere politiche sostenibili – a favore di un lavoro remunerato in
modo corretto, a supporto di maggiore equità sociale e attente ad un consumo
del territorio consapevole e parsimonioso. Sì che si può. Solo politici e
politiche, capaci di promuovere proposte e soluzioni sostenibili – in termini
sociali, economiche ed ecologiche – è bene che ottengano il sostegno
dell’elettorato; votare la politica portata avanti in questi anni dalla
maggioranza del Parlamento votando gli artefici di questa politica – sarebbe
diabolico (e il Diavolo non me ne voglia). Non perdiamo l’occasione per offrire
una svolta alla nostra politica – il Ticino ha bisogno di tutti noi e il voto
di aprile dipenderà da ogni singolo voto. Siate coraggiosi e coraggiose!
"Opinione", pubblicata sul CdT, il 3.4.2015