L’iniziativa promossa dal PPD “Per il matrimonio e la famiglia – No agli
svantaggi per le coppie sposate” sulla quale voteremo il prossimo 28
febbraio, si prefigge l’obiettivo di rimediare ad una disparità fiscale subita
da coppie sposate/registrate rispetto a coppie non sposate.
Peccato che poi vi siano alcuni effetti collaterali, che rendono
questa iniziativa inopportuna sia per quanto riguarda la politica famigliare
rispettivamente la concezione di coppia (indistintamente dall’orientamento
sessuale), sia rispetto ad una futura soluzione fiscale che mira a risolvere
definitivamente le diverse disparità tramite la tassazione individuale. Il PPD
propone una misura che vuole ridurre una discriminazione vissuta dalle coppie
sposate benestanti, ma non si pone alcun problema rispetto alle disparità
vissute dalle numerose altre forme famigliari – famiglie che vivono e subiscono
altri svantaggi in quello che è il sistema fiscale e assicurativo odierno.
Se a questa iniziativa merita di essere
riconosciuto un passettino in avanti in termini fiscali - ossia il fatto di
risolvere una disparità che tocca ca. 80'000 coppie sposate in Svizzera con
reddito alto (ca. il 2% della popolazione), dall’altro lato l’iniziativa non
tiene conto di un insieme di aspetti fiscali e assicurativi che, messi anche
questi sul piatto della bilancia, tendono ad avvantaggiare le coppie sposate
rispetto a quelle non sposate (di ca. 800 milioni di franchi). Da questo punto di
vista non è pertanto opportuna, perché se si volesse veramente promuovere una
fiscalità e un sistema assicurativo equo – nel rispetto di tutte le forme di
coppia e famiglia (l’attuale apparato assicurativo è oramai vecchio e non tiene
conto delle mutate realtà sociali), sarebbe piuttosto ora di insistere
nell’introdurre un nuovo sistema assicurativo e un sistema di tassazione
individuale. E proprio a questo proposito l’iniziativa propone una forzatura
(sulla quale non c’è stato verso di trovare un compromesso a livello parlamentare),
ossia l’inserimento nella Costituzione del sistema di tassazione della coppia
quale unità fiscale. Quest’ultimo aspetto rappresenta un ostacolo legislativo
discutibile, perché quando finalmente si arriverà (speriamo presto) al sistema
di tassazione individuale, bisognerà tornare a cambiare la Costituzione.
La proposta, oltre a rappresentare un limite notevole per risolvere in futuro le
iniquità fiscali, ha un costo salato: ca. 2,3 miliardi di franchi – soldi che,
ricordiamolo, andrebbero a colmare lacune fiscali di famiglie benestanti, non
di famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese. Economicamente vale
pertanto la pena attendere soluzioni più efficaci a questo problema di equità
fiscale a discapito delle diverse forme di coppia e famiglia. Considerate le
conseguenze con le quali ci dovremmo confrontare se questa iniziativa passasse,
ritengo si possa tranquillamente attendere una soluzione più all’avanguardia ed
efficace di quella proposta dal PPD.
La seconda forzatura
che impone questa iniziativa a mio avviso è ancor più inopportuna di quella
fiscale, perché vuole introdurre – sempre a livello di Costituzione - il
concetto di matrimonio, quale durevole convivenza di un uomo e una donna,
cancellando (consapevolmente) l’importante mutazione che ha vissuto la nostra
società nel corso degli ultimi 50 anni e di come questo sviluppo sia riconosciuto
fortunatamente da una buona parte della popolazione. La
realtà famigliare odierna, nel nostro Paese, non è più rappresentata unicamente
da quella che viene chiamata “famiglia tradizionale”, bensì conosce molte forme
di coppie e unità famigliari. Negare questa evidenza perseverando e favorendo
una sola forma famigliare, che sicuramente è condivisibile, ma non più la sola
esistente, è fare un passo indietro di cent’anni, perché la nostra Costituzione
non deve negare bensì riconoscere e tenere conto della profonda trasformazione
che ha vissuto la nostra società. Auspicabili sono piuttosto quelle iniziative
parlamentari che mirano oggi a garantire il riconoscimento delle coppie senza
fare distinzioni sulla base dell’orientamento sessuale delle singole persone.
Tenere conto delle numerose trasformazioni avvenute nell’ambito famigliare
permette di considerare ad esempio il fatto che ci si sposa più tardi, il fatto
che più del 70% delle coppie non è sposata, che il divorzio è diventato più
frequente, che il lavoro delle donne (purtroppo salarialmente non ancora
parificato a quello dell’uomo) e il lavoro a tempo parziale sono scelte sempre
più frequenti, che ad occuparsi dei figli e dei lavori domestici in certi casi
sono gli uomini, e che oggi come oggi, vi sono coppie che decidono di non avere
figli. Imporre il modello tradizionale quale unico modello di convivenza,
iscrivendolo perfino nella Costituzione, è una forzatura che la nostra società
deve rifiutare, perché da tempo non corrisponde più alla realtà dei fatti ed è
opportuno che la libertà di scelta continui ad esistere nel rispetto di tutte
le forme di famiglia possibili.
Se l’iniziativa
del PPD dovesse essere introdotta, rappresenterebbe un
grande balzo nel passato per il nostro Paese: oltre a peggiorare l’equilibrio
del sistema fiscale e assicurativo odierno - tra vantaggi e svantaggi - nei
confronti delle diverse forme di coppia e famiglia, è costosa, retrograda,
irrispettosa e discriminante nei confronti di coppie non sposate o con un
altro orientamento sessuale, e non da ultimo ostacola l’introduzione di un
sistema di imposizione individuale - ben più adeguato a risolvere i problemi di
disparità fiscale tra le diverse forme di convivenza.