11 aprile 2015

Una simpatica corsa a palazzo!


Un mesetto fa Mattia, il giornalista che ha realizzato l'intervista, mi ha contatta per chiedermi la disponibilità a questa chiacchierata. Ho accettato …e questo è il risultato del nostro viaggetto in direzione di Palazzo delle Orsoline. Non mi sono fatta troppi scrupoli nel rispondere, ho parlato e raccontato della mia vita e delle mie opinioni - con sincerità e trasparenza.
Tre sono le canzoni che dovevamo segnalare a Mattia per l'intervista - ho scelto: 
"A Te" di Jovanotti che ho dedicato e dedico a Manuel; 
"Domani" - di numerosi artisti italiani uniti per l'Abruzzo, brano realizzato per aiutare le persone che hanno vissuto il terremoto del 2009, proprio 5 anni dal tragico evento; brano che mi riporta anche allo splendido concerto organizzato allo stadio di San Siro "Amiche per l'Abruzzo"da sole cantanti e animatrici radio italiane - concerto alla quale ho partecipato con due amiche - un'emozione anche solo ripensarci! Ritengo che questi atti di solidarietà, concreti e disinteressati, possano servire da esempio al mondo della politica degli altri ranghi (mentre alcune politiche e politici locali si sono adoperati e ancora lavorano allo sfinimento per questa causa) - politica che ha invece fallito in termini di risposta ai bisogni della propria gente. 
"Pensa" di Fabrizio Moro, una canzone che parla di mafia, di violenza e di come sia possibile uscirne se solo tutti usassero la loro testa. Una canzone forte, impregnata di senso civico, il cui riferimento al Ticino mi porta a dire alle ticinesi e ai ticinesi - di usare la testa nel votare e di non lasciarsi guidare da politici che rappresentano delle lobby, perché difficilmente sono quelle che fanno gli interessi della popolazione.
E ora ...buona visione! :)





4 aprile 2015

Commettere errori è umano, perseverare è diabolico

La politica ticinese nel corso degli ultimi decenni ha visto protagonisti il PLRT, il PPD, la Lega dei ticinesi, l’UDC e il PS. Il timone del nostro Cantone è stato nelle mani dei primi due partiti e del movimento leghista – la maggioranza è tutt’ora nelle loro mani. Nell’ultima legislatura, sempre questi tre schieramenti, hanno dato vita al Patto di Medeglia, o meglio noto come il Patto del Triciclo, un termine che sembra non piaccia a Jelmini, ma tant’è. I tagli della spesa pubblica dovevano passare dalle forbici manovrate da questi politici, uniti in un Patto per il bene del nostro Cantone. Il giornalista Aldo Bertagni alcuni giorni fa, in un editoriale ha sottolineato che la legislatura 2011-2015 la si sarebbe ricordata proprio per questo patto ed è interessante riportarlo alla mente, perché ricordiamo anche bene com’è andata a finire. Se ne sono viste delle belle intorno a questo patto, radicali che si sono smarcati, ingenuità che sono venute allo scoperto e boutade di Giuliano Bignasca - è stato ancora lui ad annunciare che il giochino si era rotto e che il patto era da considerarsi concluso di fronte al rifiuto di ulteriori sgravi fiscali nel 2013. Pochi giorni or sono, pare che Cattaneo si sia detto favorevole a un “Patto del Triciclo bis” e i due massimi rappresentanti di Lega e PPD sembrerebbero concordi nel riprendere il discorso - pronti ad alzare il sipario.

Perché parlare di errori? Perché la situazione del nostro Cantone è lì da vedere - nel corso di questi anni la situazione è piuttosto peggiorata per quanto concerne diversi aspetti. Si sarebbero potuti fare degli importanti passi avanti, nel lavoro, nel socio-sanitario, nella mobilità e nell’ambito della gestione del territorio, mentre non si può certo essere soddisfatti di quanto è stato ottenuto. Vi sono stati degli evitabilissimi sgambetti tra Consiglieri di stato e situazioni a dir poco paradossali in Gran Consiglio (come anche tra Esecutivo e Legislativo), per non parlare del voto dei soldatini nel pieno rispetto dei meri interessi delle lobby presenti tra le file del Parlamento. Se molti politici si sono espressi in termini negativi rispetto a questi ultimi anni di politica; la popolazione non può che rincarare la dose, nonostante si possano leggere che i singoli gruppi – e parlo di quelli che conosco meglio – si siano dati un gran bel da fare per portare a casa un qualche risultato. Tra questi penso ad esempio al Parco del Piano di Magadino - un Signor risultato, che è stato ottenuto con non poca fatica, quando invece oltre al buon senso oggi anche le statistiche confermano come nel nostro Paese sia particolarmente basso il territorio salvaguardato in termini di percentuale nel confronto internazionale. Insomma, i “cantieri aperti” nel corso di questi anni sono parecchi, purtroppo anche aumentati, e sono al contempo troppi i topolini partoriti da elefanti da questa politica. I dossier sono sì complicati, ma spesso anche la scarsa preparazione o l’insufficiente approfondimento di quanto presentato al Legislativo ha pesato sui tempi e di conseguenza sulle decisioni.

Non si può pertanto perseverare con quanto accaduto: il Ticino ha bisogno di maggiore efficacia politica e di maggior dialogo tra i politici (e lasciamo stare i tricicli), i quali devono imparare ad ascoltare colleghi e colleghe, e fare maggiormente i conti con la realtà che li circonda e le priorità che bisogna riuscire a definire – in modo costruttivo, per il bene di tutta la popolazione. Molti politici e alcune donne in politica (sono sempre troppo poche) si ripresentano e chiedono di essere rivotati. Non tutti meritano di essere rieletti, lo sappiamo bene; la conseguenza della rielezione della maggior parte di loro vorrebbe dire perseverare con quanto fatto negli scorsi anni. Optare per la continuità significherebbe agire in modo irresponsabile. Sperare che le persone rielette votino in modo diverso (magari evitando il soldo delle lobby), sappiamo che è poco credibile, ma le elettrici e gli elettori hanno l’opportunità di cambiare le dinamiche e la concentrazione di potere in Parlamento, cambiando una buona parte dei rappresentanti politici votati in passato (in particolare chi ne ha rappresentato i vertici), rafforzando il voto e pertanto la presenza delle donne a livello di politica cantonale, e non meno importante, sostenendo politici e politiche impegnate, preparate, coraggiose e pronte a mettere in atto politiche lungimiranti, che non daranno troppi frutti oggi, ma forzatamente domani. Pensiamo ad esempio anche solo alla riduzione del numero di allievi per classe, misura che trova concordi politici di tutti gli schieramenti; una misura che significherebbe finalmente muovere un primo passo nella giusta direzione – a favore della scuola che c’è  – ma che proposta con altre misure e in modo inappropriato può non aver trovato il sostegno di chi non è stato coinvolto.

Dopo anni in cui ci si è sentiti dire “No, non si può” è venuto il momento di promuovere con coraggio riforme lungimiranti. Insieme possiamo promuovere politiche sostenibili – a favore di un lavoro remunerato in modo corretto, a supporto di maggiore equità sociale e attente ad un consumo del territorio consapevole e parsimonioso. Sì che si può. Solo politici e politiche, capaci di promuovere proposte e soluzioni sostenibili – in termini sociali, economiche ed ecologiche – è bene che ottengano il sostegno dell’elettorato; votare la politica portata avanti in questi anni dalla maggioranza del Parlamento votando gli artefici di questa politica – sarebbe diabolico (e il Diavolo non me ne voglia). Non perdiamo l’occasione per offrire una svolta alla nostra politica – il Ticino ha bisogno di tutti noi e il voto di aprile dipenderà da ogni singolo voto. Siate coraggiosi e coraggiose!

"Opinione", pubblicata sul CdT, il 3.4.2015


3 aprile 2015

Questo è un modo coraggioso di far politica!





Care Amiche e Cari Amici

vi invito a dedicare 14 minuti del vostro prezioso tempo, per ascoltare questo splendido intervento al Bundestag di Sahra Wagenknecht, Vice Presidente del partito della Sinisttra, Die Linke. Si tratta di un intervento coraggioso, rivolto a Merkel - presente al Bundestag - e alla sua politica europea.

Questo è a mio avviso un modo coraggioso di far politica! Brava a Sahra Wagenknecht!
E tutti voi - una buona serata!
Nadia








21 marzo 2015

Al “nuovo” di Ferrara Micocci preferiamo l’“usato” di Savoia


Alcune premesse introduttive
Mi permetto una prima premessa, per contestualizzare il mio intervento e, se non sarò per nulla breve, non fa niente, abbiate pazienza – sono una donna ed è giusto che mi prenda il mio tempo e magari anche un pochino del vostro. Non sempre i testi brevi sono esaustivi e di miglior chiarezza, anzi. Quindi se avrete la pazienza di leggere questa riflessione fino in fondo, ve ne sarò grata e chissà che poi alla fine non consideriate seriamente l’idea di leggere La Grande Bugia.

Intervengo perché un amico mi ha sottoposto una considerazione su facebook, proprio sull’intervento di Natalia Ferrara Micocci, pubblicato il 20.3.2015 sul CdT (risp. sul suo sito) a proposito del libro pubblicato da Sergio Savoia ed Elisabetta Gianella “La Grande Bugia” il 9 febbraio di quest’anno. Avete capito bene, parliamo di Savoia, che non ha certo bisogno di un’avvocata per ribattere a Ferrara Micocci (e neppure Elisabetta se è per questo), ma anch’io mi sono fatta una qualche riflessione in questi mesi,  ho ascoltato ben due volte la presentazione del libro, l’ho in parte letto e mi sono confrontata, scontrata e riscontrata con i duri ed eloquenti argomenti nati dall’esito (non prima) della votazione del 9 febbraio 2014 sull’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, iniziativa che io non ho sostenuto. Sono dati che ti mettono con le spalle al muro e non ti lasciano via di scampo, se politicamente ti interessa veramente qualcosa di questo Ticino.

Come prima cosa oserei dire che finalmente qualcuno che non sia Verde e non sia necessariamente vicino a Sergio Savoia si è reso conto che c’è un libro, ci sono dei dati statistici che denunciano un reale, grave problema di disoccupazione in Ticino e che il problema della disoccupazione  e della precarietà nel mondo del lavoro ticinese con l’introduzione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone si è aggravato.
Non lo dice Savoia, ma i dati pubblicati e accessibili a tutti tramite l’Ufficio di statistica cantonale, dati che non bisogna essere professori per leggere e capire.  Come non bisogna essere politici lungimiranti per essere consapevoli che le risposte ora vanno trovate, basta parlare con chi ci è vicino - parenti, amici e conoscenti - tutti noi conosciamo, siamo, siamo stati o diventeremo disoccupati, viviamo da precari o da working-poor in questo Cantone.

Che Natalia Ferrara Micocci, una delle prime che sento commentare i contenuti del libro, abbia sul suo comodino questo libro, le fa onore. Anche il fatto che si sia lanciata, forse anche un pochino senza paracadute, in teorie economico-politiche non sempre scontate, va riconosciuto, ma il coraggio, o forse la faccia tosta come qualcuno direbbe, in politica non basta.

Savoia e il suo “vecchio armamentario”
Ferrara Micocci nel suo articolo, prova a riassumere il testo  del libro di Savoia e Gianella riproponendolo “a mo’ di ricetta”, dice lei.  Ma tutto ricorda questa ricetta, fuorché l’essenza del libro. Ci arriva un pochino di sbieco, restando ai margini del discorso, quando ammette che i dati economico-sociali ticinesi e svizzeri sono sì problematici, peccato che poi cada nel ricordarci lei che nel libro da nessuna parte vi è scritto come questi indicatori ce li invidiano nel resto del mondo. E qui ci si chiede se il ragionamento sui diversi tipi di indicatori proposti dal libro (il numero degli “occupati” non è allo stesso tempo il numero di “posti di lavoro”, ecc.), lei li abbia colti. Ne cito uno solo, la disoccupazione giovanile, che in base ai parametri dell’ILO è pari al 16%, senza contare i giovani che non hanno maturato il diritto alla disoccupazione, chi è finito in assistenza,  gli scoraggiati che non cercano più, ecc.). Un dato di cui andare fieri, insomma, un dato assolutamente invidiabile, secondo lei. Viene da chiedersi se Ferrara Micocci nel sostenere una cosa tanto inopportuna, abbia bene in mente lo sguardo disorientato, arrabbiato o rassegnato di alcuni giovani (e non) che conosco.

Sì, la pietanza cucinata da Ferrara Micocci mi resta indigesta. Oltre che a “considerare Sergio un “bravo polemista” (un termine che a lui potrebbe anche piacere, visto che ci tiene a ragionare con la propria testa) e a far riferimento alle sue doti comunicative che numerosi avversari politici giustamente gli invidiano (sì, in questo caso si tratta proprio di sana invidia) la sua ricetta è costituita da ingredienti come il populismo (che se significa essere vicini alla gente, ben venga), ambientalismo (e per fortuna!) e di frontiere chiuse (ricordo che nel libro non si parla di frontalieri e ticinesi, bensì di residenti e non).
Lei considera quanto promosso dal leader dei Verdi del Ticino, una serie di proposte impraticabili e difficilmente adatte a risolvere i problemi. Se leggo bene, sostiene che la ricetta di Savoia - populismo, ecoterrorismo, chiusura delle frontiere, preferenza indigena, fanatismo nei confronti della democrazia diretta, solidarismo vecchia maniera, dirigismo, ecc… porta alla rovina.  Lo considera un “armamentario superato”, che non permette il rinnovamento. In questo emerge un tono pungente di sufficienza nel modo con cui espone il suo giudizio sul libro, divertendosi anche ad ironizzare su aspetti a mio dire tutt’altro che leggeri …colpi bassi degni di una campagna elettorale povera di contenuti. E trovo un tantino presuntuoso il suo tentativo di assegnare a quanto proposto da Savoia una connotazione “vecchia” ed inefficace. Spiega inoltre che il modello è fallimentare per due motivi:
1) perché non è pensabile una Svizzera sganciata da tutta una serie di obblighi a livello internazionale, in quanto troppo dipendente dagli scambi con l’estero (obblighi che si basano su accordi, direbbe Savoia, che vanno rinegoziati nell’interesse di entrambe le parti) e
2) perchè introduce nuove regole economiche …e aggiungo io, vincoli che vogliono mettere dei freni al potere dell’economia, allo sfruttamento di manodopera a basso costo, alle sostituzioni dei residenti con personale non residente, ecc. Vincoli che mirano a tenere alte delle condizioni di impiego del nostro Cantone minacciate da dumping e sostituzione del personale residente con quello frontaliero.
In realtà Savoia nel libro spiega molto di più, anche perché quanto proposto dalla sinistra non è sufficiente per far fronte ai problemi di oggi. Numerose misure proposte da sinistra e sindacati non hanno visto la luce e probabilmente mai la vedranno, perché non godono della maggioranza in Parlamento. Invito i sindacalisti ed i politici di sinistra ad approfondire i ragionamenti di Savoia sulle misure di accompagnamento introdotte e la loro inefficacia. Altro che “vecchio Savoia”.

Il “nuovo” di Ferrara Micocci
Ferrara Micocci  afferma che sono finite molte convinzioni anche per “chi, come i liberali, pure ha sempre diffidato dalle utopie”. Il sistema economico a cui si ispira il suo partito non è però certo lontano da essere considerato un modello altrettanto “utopico” che affida alla “mano invisibile” l’autoregolamentazione del mercato che, sostenuto dal paradigma della perfetta concorrenza, offre crescita perenne e infinita, assicurando maggiore benessere. Lo sappiamo bene, non vi è presunzione di giustizia sociale in questo modello economico, modello che ha tutte le parvenze di quella che potremmo considerare veramente un’ “utopia” (dal fine tutt’altro che roseo, ahimé). E per quello si è costruito lo Stato sociale, a sostegno di questo modello economico fortemente “ingiusto e per nulla equo”. Le politiche di sinistra sono servite da stampella a questo modello economico devastante, l’hanno sostenuto ai primi cedimenti e anche quando ormai certi difetti del modello si sono rivelati evidenti e catastrofici, i nostri Governanti l’hanno sostenuto ancora foraggiandolo di risorse (vi dicono qualcosa i Grounding e la faccendaccia dell’UBS)? Allora sì, ci si ricorda dello Stato! Fatti tanto evidenti da far capire anche a Ferrara Micocci che non ci si può più limitare al “laissez-faire”. Ci mancherebbe! Ferrara Micocci si spinge oltre, spiegando che la direzione in cui si sta andando è tutt’altra che la “deregulation”, ma quella è  al contempo la direzione politica auspicata da Ferrara Micocci, la fonte di ispirazione delle scelte politiche mosse dal suo partito e dalle lobby che lo sostengono. Sostenere la tesi che laddove i provvedimenti di Savoia sono stati introdotti, vige più povertà, i posti di lavoro diminuiti, servizi pubblici peggiorati, il clima sociale indurito. Questo sembrerebbe piuttosto il sunto di quello che è accaduto perseguendo il mito della crescita economica infinita e senza regole.

La sua ricetta? Il “suo” nuovo? Niente popò di meno che “le nuove dinamiche economiche” (e qui sorrido), basate su “competenze, investimenti, prodotti e servizi - controlli no, naturalmente quelli non piacciono mai (non capisco questo costante problema con la trasparenza e i rendiconti). Sono concetti tutt’altro che scontati, già dal primo - quello della “competenza” - si apre un mondo (lo si chieda ai docenti!). Con una gran bella fantasia, e credetemi non mi manca, è possibile intuire un’economia di tutt’altra natura – caratterizzata da una struttura di mercato diversa, florea, sana,  e capace di offrire lavoro a tutti senza limiti, caratterizzata da tutt’altro livello di standard produttivi, rispettosi della sostenibilità (sociale, economica e ambientale) e alimentati dal motore dell’innovazione,  coordinati e gestiti magari da imprenditori e industriali alieni che …nel rispetto della redistribuzione applicano liberamente e senza costrizione minimi salariali e la 1:12, come detto, senza che ve ne sia la costrizione. Fantapolitica - questo è fumo negli occhi.  

E alla fine della fiera, Ferrara Micocci ci spiega cosa ha bisogno il nostro Paese – la cito e inserisco in rosso piccole riflessioni anche ironiche su quello che lei dice e il PLR fa…

E’ giusto, eccome, chiedere coraggio, capacità autocritica e innovazione alla politica e alla democrazia (giustissimo, ma in primis chiamerei in causa proprio l’economia, le lobby in Parlamento la fanno da padroni e influenzano non poco il voto dei soldatini). (…)  Al nostro Paese serve mirata solidarietà sociale (certo, come i tagli lineari al finanziamento dei premi di cassa malati), non indignazioni in sequenza (andrei giustamente oltre; all’indignazione è bene che segua la reazione – possibilmente costruttiva, atti parlamentari che non offrono scorciatoie. Please, mai smettere di indignarci!). Coesione (che parli lei con il ceto medio, sempre più al collasso, con la forbice dei salari che cresce inesorabile), non contrapposizioni di maniera tra “casta” e “cittadini” (ma pensa un po’, esistono anche i cittadini!). Abbiamo bisogno di compromessi intelligenti e trasversali (difficile, se già in Governo non vi è capacità di dialogo, volontà di ascoltare e collaborazione improntata sul coinvolgimento di chi vive questo mondo), di ricreare alleanze solide tra produzione e redistribuzione del reddito (guai a chiamare in causa il capitale, eh? Una bella Tobin-Tax, perfino per l’EU non è più un tabù! Che slogan! …e niente contratti collettivi, i diritti acquisiti sono tutta aria fritta, eh? Costano! …fatico ad intuire a cosa lei si riferisca), di una fiscalità leggera (e poteva mancare? Marina Masoni ne è la maestra!), di una scuola esigente (questa invece mi mancava, “esigente”!), di riconoscere e premiare ovunque il merito (giusto, peccato che poi in pratica significa premiare gli schiavetti, gli amici degli amici, non quelli che lavorano e osano pensare con la loro testa e magari esprimono qua e là anche critiche). Insomma, serve il nuovo, non l’usato. (E dire che il “vintage” ha uno suo bel mercato! …scherzo, io proprio non ci capisco niente!) Ci servono inventori più che controllori (magari anche un qualche imprenditore onesto, lungimirante, con i piedi per terra, non farebbe male). E, soprattutto, ci servono politici che si assumano le responsabilità del mondo reale, l’unico in cui viviamo (e come darle torto), non di racconti di un mondo che non c’è (come quello propostoci da lei) e di una politica che, davvero, non si può fare (e invece sì, che si può fare!).

Cara Ferrara Micocci, quello che lei ci propone è una favoletta, belle parole che nella politica del PLR poi però non si vede - se non il paradigma della fiscalità leggera, ecco, quella sì. Quello che lei dice, da un lato non è quello che poi vota il suo partito e poi, come detto, a noi l’usato piace, piace pensare che con innovazione l’usato possa essere il nuovo, anche in termini di misure politiche.

Ferrara Micocci sottolinea anche che lei non è cresciuta nella bambagia e sostiene alla fine del suo giudizio, che non ci servono politici che propongono racconti di un mondo che non c’è e di una politica che, davvero non si può fare …definendo “vecchie soluzioni” quanto proposto da Savoia. Ricordate “l’ armamentario superato”? Lei lo considera non solo inefficace, lo porta ai limiti del pensiero rifacendosi al passato più triste della nostra epoca, direi, quanto proposto da Savoia non può che peggiorare la situazione e causare guai ancora peggiori. Ferrara Micocci disegna Savoia quale narratore di un mondo che non c’è e al contempo si promuove paladina del cambiamento, proponendo lei la via da seguire, quella fatta però di slogan elettorali, di concetti economici tutt’altro che scontati, che si basano su premesse politico-strategiche ambiziose, che poi in Ticino si fermano però presto, in quanto devono già solo fare i conti con le ambizioni di crescita del Sopraceneri da un lato e le pretese della Città di Lugano dall’altro.

Ferrara Micocci in realtà propone soluzioni che risultano favole, per chi vive in questo mondo e che purtroppo non può aspettare che il nuovo di Ferrara Micocci si realizzi, domani,  perché nel frattempo il mondo va avanti e loro devono mangiare.  Per non parlare dei politici responsabili e coerenti, quelli ai quali fa appello Ferrara Micocci alla fine del suo testo - siamo apposto se si tratta dei soliti soldatini. Contare su quelli è dura, Ferrara Micocci, se vuole ottenere quanto dice.

Ratatouille - tra il vecchio e il nuovo
Quando ho letto lo scritto di Ferrara Micocci, i suoi giudici, le sue proposte e le sue conclusioni, mi è subito balzato alla mente il topino Ratatouille, sì proprio lui, il topino del cartone animato della Disney, che si scopre essere un grande chef de cuisine in quel di Parigi. Sì, permettetemelo, avere bimbette in famiglia è estremamente stimolante in termini politici, perché diventano spesso loro il metro o la bussola del nostro agire. Ma torniamo al topino. Messo alla prova Ratatouille è capace di dare il meglio di sé, riproponendo un vecchio piatto in un modo nuovo – un delicatissimo ratatouille – cucinato con ingredienti semplici, ma in un modo capace di catturare i migliori complimenti di un critico gastronomico dalle somiglianze inquietanti, che aveva chiesto di essere sorpreso con qualcosa di sublime. L’innovazione si scopre essere la nuova ricetta di un vecchio, semplice piatto come lo è il ratatouille, un piatto di verdure, non di chissà quali pietanze rare e pregiate. Il vecchio non è semplicemente tutto da buttar via, anzi, è da riscoprire, valorizzare, ed eventualmente anche da riproporre con le dovute idee e la necessaria intuizione applicandolo al nuovo, alle nuove realtà, bisogni e situazioni contingenti. Ratatouille alla fine del suo percorso è pronto a proporre la sua cucina, ha una sua identità  - è il nuovo che piace e che convince - non è più legato al prestigio del lussuoso ristorante che gli ha permesso di crescere e farsi in qualche modo “non conoscere”. E alla fine della storia la vera innovazione è appunto quella che punta sulla qualità, e non il prodotto di massa, prodotti spazzatura, che il gestore del lussuoso ristorante lanciava sul mercato accompagnato da campagne di marketing ridicole. La storia finisce bene, in una realtà in cui veramente tutti stanno meglio, nella loro pelle e nella loro dimensione – di topi e di persone; finisce piuttosto male chi invece voleva approfittarsene degli altri e puntava unicamente al guadagno, restando povero – in tutti i sensi.

Una parodia interessante dei modelli economici, quella che ci propone questo film, molto fine. Ratatouille offre un’opportunità di riflessione che non è né obbligata e tanto meno immediata, ma chi a mio avviso riesce a cogliere il messaggio e farne la propria filosofia di vita, quello improntato sulla qualità di vita, a mio avviso ha colto qualcosa di importante, l’essenza, il succo della questione per restare in tema di cucina. Il modello di economia vincente, no, non è quello che ci propone Ferrara Micocci, quello della nuova economia destinata a crescere anche lei all’infinito, è quello che riscopre nella semplicità del vecchio la risorsa più preziosa e la ripropone in una veste – seppure in una veste innovativa, il nuovo è costituito dal vecchio. Pensate alle pale del mulino e all’energia prodotta dal movimento delle grandi eliche che producono energia dal vento. E ci arrivo, finalmente, il modello di vita della decrescita, o crescita felice che dir si voglia, diventa il modo possibile per superare il capitalismo, quel modello economico che punta sull’eterna crescita economica dovuta al consumismo frenato di beni usa e getta; quel modello economico che il vecchio lo butta via, non lo recupera …e in questo perde tanto, troppo o peggio ancora tutto.



No, non conosco Natalia Ferrara Micocci
Un’ultima considerazione su Natalia Ferrara Micocci, che personalmente non conosco, non c’è mai stata occasione di conoscerci, mi sono giunti dei pettegolezzi di natura personale, che sinceramente non mi toccano. Vivi e lascia vivere. Politicamente la precede invece una vicinanza ai Masoni che  mi porta ad essere piuttosto freddina nei suoi confronti  - gelida, sarebbe dire troppo, ma essendo quest’ultima l’artefice di una politica capace prima di tutto di svuotare le casse pubbliche con sgravi fiscali indecenti, di indebolire il servizio pubblico e poi doversi cimentare con ripetuti tagli, risparmi (…vi dice ancora qualcosa “la simmetria dei sacrifici?”) …e ancora sgravi! …beh, significa non volersi troppo bene, la realtà dei fatti è li da vedere e ancora oggi rincorriamo certi errori.  Ma torniamo a Ferrara Micocci, se mi sono esposta con queste riflessioni non è certo perché ce l’ho con lei, ci mancherebbe, come detto non la conosco. In questi anni di politica, non l’ho mai neppure sentita nominare, ma questo non deve per forza significare qualcosa. Mi ha chiesto l’amicizia su facebook, probabilmente per caso, non sapendo forse chi sono, o chissà per quale ragione, anche questo non importa. Vedrò almeno di confermarla questa “amicizia”, così potrà seguire le mie considerazioni. Piena trasparenza. Ferrara Micocci è anche difficile che l’abbia incontrata a qualche evento elettorale, perché viviamo probabilmente su due pianeti lontani e per una persona che lavora, ha due piccole bimbe, impegni politici a livello comunale, ecc. non è cosa scontata dedicarsi ad una campagna elettorale; cerco qui e là di non perdermi dibattiti che mi interessano, ma fatico con le strette di mano e i sorrisetti, non sono tagliata per le campagne elettorali. Non mi tiro indietro, quando c’è invece da lavorare e fare politica, fare proposte e partecipare alle attività anche pratiche del fare politica, è per questo che preferisco essere votata. Ma visto che mi piacerebbe capire meglio quanto ha scritto Ferrara Micocci nel suo articolo, capirlo in termini di proposte concrete e non di slogan, sarà mia premura invitarla all’evento organizzato dai Verdi del locarnese che si terrà la sera del 9 aprile, proprio a Locarno e il tema sarà proprio la presentazione del libro La Grande Bugia. Quale occasione migliore per conoscerla personalmente e ascoltare quello che lei ha da dirci e proporci. Sono certa che ci saprà sorprendere! J
Ciao!


18 marzo 2015

Elezioni cantonali! Scheda 5, Candidata 72!


…ecco qualcosina su di me!
Grazie per il sostegno e per votare la Scheda Verde! :)


qualcosina su di me
Sono nata e cresciuta nel Grigioni italiano, in Val Poschiavo, e dopo aver conseguito la maturità in Engadina ho studiato economia nazionale e sociologia all’Università di Berna. Dopo una serie di esperienze professionali, il lavoro mi ha portato in Ticino. Da una decina di anni vivo a San Nazzaro, nel Gambarogno, e da alcuni anni sono sposata con Manuel. Insieme alle nostre due bimbe Elisa e Martina siamo una famiglia felice. Condividiamo volentieri la nostra vita con le nostre amicizie, viviamo con piacere la vita al lago, il nostro giardino, l'orto, le nostre piante da frutta e quando possiamo andiamo in montagna. Dall'autunno scorso ho iniziato a suonare il corno delle alpi; per il mio compleanno mi hanno regalato la frequenza al corso e nel frattempo ne ho comprato uno, cosa che mi permette di tanto in tanto di suonare con le persone con cui ho frequentato il corso. Amo viaggiare, conoscere il mondo e per anni le isole della Grecia sono state la mia meta preferita. 

il mio percorso professionale
Durante gli studi ho lavorato per la Confederazione e, finiti gli studi, ho lavorato per alcuni anni in Italia. Ho poi trovato lavoro alla TSI nell’ambito della pianificazione dei giornalisti, e mi sono trasferita in Ticino. Dopo alcuni anni cercavo qualcosa di più interessante e ho così scelto il ruolo di Segretaria cantonale per il Sindacato dei servizi pubblici VPOD. Un’opportunità lavorativa interessante che mi ha insegnato molto – da tutti i punti di vista. In seguito ho ricoperto la carica di Segretaria generale  presso l’Ordine dei medici del Canton Ticino – un’interessante immersione nel mondo della sanità. Da cinque anni lavoro per il Servizio civile a Rivera, prima come Capo del Centro regionale e ora quale Specialista Assistente agli istituti d'impiego. Svolgo un lavoro che mi permette di essere regolarmente in contatto con la Svizzera tedesca, di uscire dall'ufficio ed essere spesso a contatto con i giovani e il mondo del lavoro, soprattutto nei settori che conosco e seguo da sempre con interesse - il sociosanitario e il settore ambientale. Sono fortunata!

la politica ed io
Durante il periodo universitario ho frequentato parecchio la scena alternativa svizzero-tedesca, ho partecipato a co-fondare Attac Berna e ho seguito con passione il nascere del Social Forum di Porto Allegre (andando a manifestare a Davos contro il WEF). In Ticino mi sono avvicinata al Partito socialista in concomitanza con l'inizio della professione di sindacalista e dopo pochissimo tempo sono stata candidata alle Nazionali. A livello cantonale ho ricoperto il ruolo di Coordinatrice della Gioventù Socialista e poi il ruolo di Presidente del Comitato cantonale del PS. A livello comunale, per la Sinistra del Gambarogno, ho svolto il ruolo di Capogruppo e di Presidente della Commissione della gestione, di cui sono membro dall'inizio dell'aggregazione. A dicembre ho lasciato il Partito socialista Ticino, perchè non ero disposta a lavorare per questo partito per altri quattro anni - e quindi sono entrata nei Verdi. Ho preso la decisione con convinzione e dopo una lunga riflessione (un anno e mezzo ...altro che campagna acquisti); ero oltretutto consapevole che restando tra i socialisti avrei potuto essere eletta in parlamento con più facilità, ma la coerenza ha avuto la meglio sull'opportunismo - com'è giusto che sia. Cosa mi ha portata tra le fila dei Verdi? Conoscevo i Verdi, soprattutto a livello nazionale, per le loro posizioni; a livello cantonale i Verdi del Ticino mi sono piaciuti per lo spirito, l'energia positiva e la voglia di cambiare le cose ...e non a caso il nostro slogan dice "Sì che si può!". 

in gran consiglio

Mi piacerebbe poter lavorare in Gran Consiglio nel gruppo dei Verdi, sono certa che sapremmo essere convincenti, innovativi, pragmatici e per nulla “lobbisti” – niente soldatini tra le nostre file. Mi appassionano tutti i temi in politica, dal difficile binomio “lavoro – territorio”, ai temi “diritti politici, educazione e formazione”. I temi che conosco meglio sono la socialità – in particolare la vita complicata delle giovani famiglie, la precarietà negli asili nido, la disoccupazione, l’isolamento e l’assistenza sociale, l’immenso lavoro dell’associazionismo in questo settore; mi arrangio bene anche in ambito di politica sanitaria, il tema delle pari opportunità e il tema della scuola. L’ambiente mi è da sempre vicino, essendo nata e cresciuta tra le montagne – in questo sono conservatrice quanto basta, ma aperta a conoscere ogni giorni novità rispettose dell’ambiente e della natura – peccato il Ticino abbia perso il treno e abbia consumato malamente parecchio territorio del nostro Bel Ticino. Per questo è indispensabile puntare su persone competenti in materia, sensibili e che in Parlamento abbiano voglia di dialogare e lavorare.