23 agosto 2009

Ivan Schmidt: un ospite a me poco gradito

Ivan Schmidt, oggi ospite di Ticinonline, ci propone un articolo il cui testo inizia con le seguenti considerazioni:
"Abbiamo provato a convivere con voi, abbiamo voluto e tentato di dividere le nostre vite con le vostre, abbiamo anche avuto comprensione quando ci siamo accorti che la vostra spesso pronta arroganza e senso aggressivo poteva essere giustificato dalle molteplici guerre che avete subito a casa vostra. Sopportiamo anche quando in treno, sui bus, in giro per strada a destra e a sinistra o quando portavamo i nostri figli nelle scuole o all’asilo sentiamo parlare sempre e solo la vostra lingua. Della serie, siamo molto integrati."

...per finire con la proposta di una Task Force alquanto discutibile:
"Numerosi giovani autori di reato sono stranieri scarsamente integrati, provenienti soprattutto dai Balcani.

Di fronte a tale evoluzione regna un sentimento d’impotenza generale. Dal momento che tutti si sentono competenti, nessuno lo è veramente. Dato che tutti danno la colpa agli altri, nessuno si assume la responsabilità.

Determinati servizi amministrativi, ma anche certi media e cerchie politiche tentano di negare, mascherare o sdrammatizzare il tema della violenza dei giovani stranieri.

Dunque che fare? Continuare a subire oppure vogliamo alzarci e iniziare una vera campagna contro “campagna contro gli stranieri criminali”? E quando il nostro Governo si deciderà ad istituire una Task Force anti criminalità degli stranieri in Svizzera? Non sarebbe dunque il caso di ritirare i nostri militari della KFOR dai Balcani e impiegargli per proteggere i nostri cittadini in Svizzera.
"


Mi ha infastidito leggere su Ticinonline l'opinione di Ivan Schmidt e mi ha infastidito ancor più il fatto che non si potessero inserire commenti a questa opinione (o almeno io nell'immediato questa opportunità non l'ho trovata). A tale proposito ripropongo qui una breve riflessione su quanto scritto da Schmidt, anticipando che non si tratta di una riflessione esaustiva, ma un minimo di spirito critico verso queste opinioni merita di essere espressa!

Personalmente ritengo che a questo mondo tutti abbiano il diritto di parlare la propria lingua, specialmente in ambito privato. Cos'è, Schmidt voleva farsi gli affari altrui ascoltandone i discorsi? E non vedo come l'utilizzo di questa lingua possa generare un senso di "sopportazione" (questo è il termine usato da Schmidt) in un autoctono la cui madrelingua è un'altra. Mi complimento invece per la capacità di apprendimento della lingua italiana di quest'etnia, anzi non nascondo che alle volte si esprimono anche meglio di certi autoctoni (ben inteso: senza offesa a Schmidt!). Non considero inoltre che l'utilizzo di una lingua straniera in ambito privato possa consistere in un metro capace di "misurare" il grado di integrazione" di uno straniero in una certa cultura. Il solo pensiero che vi possano essere persone che lo pensano mi fa rabbrividere. Il grado di integrazione è un concetto tutt'altro che scontato, che dovrebbe essere affrontato e analizzato da più punti di vista, iniziando ad esempio dal modo con cui un'etnia mira ad integrare delle persone stranieri, come anche il modo con cui una persona straniera mira ad integrarsi in una certa cultura.
Le opinioni come quella di Schmidt non fanno che dimostrare come probabilmente nella politica volta all'integrazione promossa nel nostro Paese ci sia ancora molto da fare - specialmente tra i giovani come Schmidt! E fin tanto che la dicotomia "straniero - criminale" continuerà a trovare spazio tra le righe dei nostri mass-media, che si tratti di stampa rispettivamente media on-line, difficilmente si potranno fare passi avanti in termini di "integrazione" e a questo proposito mi riferisco in particolare al punto di vista della capacità integrativa di una comunità.
La paura e l'ostilità nei confronti del diverso e dello straniero sono forti in quelle comunità in cui l'identità comunitaria è debole. Chissà allora che non sia proprio la Svizzera a dover iniziare a fare i conti con la propria identità e con la propria realtà "multiculturale".

No, non faccio parte di quelli che chiudono gli occhi di fronte ai fatti della cronaca, ma mi chiedo come si possa sentire integrata una persona la cui etnia è sempre e costantemente affiancata al concetto di criminalità. A mio avviso tutti i crimini dovrebbero essere puniti, indistintamente dalla nazione di provenienza del criminale. O non è così? Non si tratta di buonismo superficiale, come non si tratta semplicemente di nazione o di età. Quindi finiamola di cercare spunti per generare sentimenti ostili verso altre entie. Mi auguro piuttosto che le cause di aggressioni e crimini meritino ragionamenti, analisi ed interventi più sottili! Chissà, magari anche capaci di rispondere a "ragionamenti per stereotipo" come ci propone Schmidt.

Nadia

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